di Sinclair Ferguson
Gli “Istituti” di Giovanni Calvino si aprono con una importante ed efficace frase, organizzata da un giovane nella ventina e ottimizzata solo fra la sua prima comparsa nel 1536 e la sua ultima espressione pochi anni prima della sua morte. La saggezza, conoscenza abbinata alla comprensione pratica e misericordia che è la ricerca sostenitrice dell’intero progetto, comprende la conoscenza di Dio e di sé stessi. Per conoscere davvero noi stessi abbiamo bisogno di conoscere Dio; giungiamo a conoscere Dio ed alla fine potremo vedere noi stessi nel nostro vero contesto.
Il pensiero, come i commentatori di “Istituti” indicano, non è del tutto originale, ma le sue radici (come essi non sempre notano) vanno molto oltre la tradizione agostiniana della teologia, giungendo fino ai primi capitoli della Bibbia. Dio ha creato l’uomo a propria immagine (Genesi 1:26). La nostra creazione e il nostro stesso essere sono definiti dal rapporto con lui; vivere acquista senso e ci provvede gioia soltanto quando viviamo nel contesto del rapporto con Dio. Alla domanda, dunque, “Che cosa è l’uomo?” bisogna dare risposta con una frase che abbia in sé riferimento a Dio.
Se, quindi, nella ricerca del progetto di sé, noi escludiamo a priori la persona di Dio, non solo noi ci tagliamo fuori dal conoscere lui, ma anche dal conoscere noi stessi, e il progetto termina con assoluta frustrazione. Una vita che sia soddisfacente e realizzata richiede che abbiamo conoscenza di Dio in Gesù Cristo (Giovanni 17:3). Per implicazione, se lo escludiamo perdiamo ogni senso di proporzione, poiché quando misuriamo noi stessi tramite noi stessi, diventiamo noi il metro ideale, ma quando siamo persuasi che Dio è la sorgente di ogni bene, lo cerchiamo e lo troviamo ( o siamo da lui trovati), allora, dice Calvino, cominciamo ad assaggiare la “completa felicità” e solo allora noi ci doneremo gioiosamente al Signore.
Chi è lui?
Se la mia prima domanda a proposito di Dio è: “Che cosa è lui?”, allora sono già in errore; la domanda davvero importante è: “Chi è lui?”, “Come è Dio?” La risposta biblica è che egli è la sorgente di ogni bene e che rivela sé stesso come tale nella creazione. Sì, egli è un giudice. Il lettore naive si aspetterebbe che Calvino sottolineasse proprio questo! Consideriamo questo: Dio è in sé così tanto bene che “anche se non esistesse alcun Inferno, i Cristiani avrebbero i brividi ad offenderlo”. Sì, Dio è davvero il sommo bene!
Certamente tutti gli uomini sanno che c’è un Dio (e paradossalmente l’idolatria è una delle prove più chiare di questo fatto), poiché una certa conoscenza di lui (sebbene non un rapporto di accordo, non una conoscenza salvifica) è inevitabile.
Per cominciare, noi siamo sua immagine; il senso di dipendenza da lui e di dovere nei suoi confronti sono scolpiti in noi e non potranno mai essere sradicati, nonostante il fatto che tentiamo di reprimerli e soffocarli. Le eco del nostro destino e della nostra chiamata a vivere come immagini di Dio non possono mai essere messe a tacere, mai del tutto represse, per quanto fortemente cerchiamo di farlo.
Dal momento che tutto il cosmo creato, inoltre, è il teatro della sua gloria rivelata, non c’è posto dove possiamo andare in cui non saremo confrontati dall’opera delle sue mani; la sua firma è dovunque. Non c’è posto dove possiamo nasconderci. Non si sono ali per poter andare abbastanza in alto, né mezzi per viaggiare più in fretta della velocità della luce fino alle parti più remote della terra! La sua rivelazione aspetta la nostra risposta! L’indicazione “Non c’è ultima fermata!” non esiste soltanto a Brooklyn. Eppure, perché mai vorremmo sfuggire da Dio che è la sorgente di ogni bene?
Chi siamo noi?
L’uomo è l’immagine di Dio. La conoscenza di Dio impiantata è universale. Sì, pervertita e frammentata dalla caduta, ma lo stesso reale. Essa ha fatto sorgere il seme della religione, nota Calvino, e l’istinto della lode e dell’adorazione è insito in ogni uomo. La testimonianza a favore di questa cosa si vede in forma distorta nell’idolatria (che sia la devozione a ciò che si possiede o ad una squadra di calcio!) o anche nella vera adorazione. In mille modi diversi l’umanità manifesta le sue devozioni inferiore, poiché se noi non vogliamo adorare il Creatore, dobbiamo comunque adorare qualcosa, dunque adoriamo la creatura (Romani 1:25). Come Milton lo ha espresso con immaginazione in “Paradise Lost” (“Paradiso perduto”), avendo rifiutato di inchinarsi al Signore ed alla sua Parola, mentre Eva si rivolge all’albero, il cui frutto ella ha rubato, “ha reso una bassa ubbidienza”, e lei che ha “rifiutato di adorare il Creatore” (come ha evidenziato C.S. Lewis nella sua prefazione a “Paradise Lost”) ha adorato un vegetale!
In un modo o nell’altro, secondo l’annotazione di Calvin, il riconoscimento di Dio non può essere alla fine represso ed a volte sarà forzato nella bocca persino dei reprobi. Questi ultimi non possono perseverare nella negazione della sua esistenza. Al servizio di commemorazione funebre del novellista britannico ateo Sir Kingsley Amis, suo figlio Martin ha raccontato come a suo padre era stato chiesto dall’autore russo Yevgeni Yevtushenko se era vero che egli era ateo. Secondo le parole stesse che usava Sir Kingsley, la risposta fu: “Sì, ma c’era di più, vedete, lo odiava!”
Se, dunque, noi siamo sia circondati che invasi dalla rivelazione di Dio, la negazione dell’esistenza di Dio da parte dei non-credenti si mostrerà eventualmente per quello che essa è: un rifiuto di lui. Dobbiamo sempre stare in guardia e cercare il filo sciolto nella stoffa della vita e nei discorsi del non-credente. Ci vorrà pazienza, ma potrebbe essere di vitale importanza.
I cieli dichiarano la gloria di Dio, e quindi l’astronomo è anche un teologo che esplora il libro della natura in cui Dio ha segnato la sua gloria. Eppure “che cos’è l’uomo che tu te ne prenda cura?” significa che lo studioso di anatomia che esplora gli intricati ed anche microscopici dettagli del corpo umano, studia contemporaneamente anche la rivelazione di Dio. Al di sopra e al di dentro dell’uomo, Dio mostra di essere nostro Padre. È questo il ritmo del cuore di Calvino! Egli nota: “Nessuno dà sé stesso gratuitamente e volonterosamente al servizio di Dio, a meno che, avendo assaporato il suo amore paterno, non sia attirato ad adorarlo ed amarlo a sua volta” (I.V.3).
In noi stessi abbiamo una vera “officina” divina, eppure, invece di lodare Dio, gli uomini si gonfiano di orgoglio e superbia e trovano ragioni per respingere la rivelazione che Dio ha dato loro. Invece di riconoscere l’Iddio vivente e vero, gli uomini “sostituiscono la natura a Dio”.
L’abbiamo visto o sentito tutti. Un naturalista secolare si impegna nelle attività che Calvino descrive qui, sia esplorando i cieli che investigando le cose sulla terra. Si dice che gli insetti e gli animali con le più limitate capacità mentali siano attivi in ogni tipo di pensieri logici dettagliati mentre sviluppano meccanismi di protezione e attacco all’interno dell’ambiente ostile in cui si trovano. Quando il loro programma giunge al termine, i naturalisti commentano: “E ci ritroviamo a dire: ‘Non è meravigliosa Madre Natura?’”
Ma uno potrebbe chiedere: “Chi è Madre Natura? Perché il suo nome è sempre tirato in ballo? Su quale logica il nostro presentatore agnostico o ateo ha contrabbandato il suo appello al trascendente?” Quanto profondamente vere sono le parole di Paolo che gli uomini hanno cambiato la verità riguardo Dio con la menzogna. Madre Natura? O, invece, Padre Dio?
Sinclair Ferguson
Testo pubblicato originariamente sul sito di reformation21. Tradotto e riprodotto qui con l’autorizzazione da parte dell’editore Alliance of Confessing Evangelical. Il suo utilizzo totale o parziale è proibito in ogni forma previa richiesta e autorizzazione di SoliDeoGloria. Il contenuto del presente articolo non è alterabile o vendibile in alcun forma.
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