di Adam Parker
Ho recentemente terminato una serie di sermoni nella nostra chiesa sul libro degli Atti; sono stato profondamente benedetto mentre studiavo e prendevo in considerazione questo libro. Mentre completavo l’ultimo sermone, difatti, mi sono trovato in lacrime ed ho detto a mia moglie: “Può sembrare da sciocchi, ma mi mancherà trascorrere così tanto tempo con Paolo”.
Ha avuto un grande impatto sulla mia anima, così come sulla congregazione, vedere non solo la crescita della Chiesa primitiva, ma anche l’aumentare delle afflizioni, le imperfezioni, le difficoltà, i conflitti e le opposizioni che la Chiesa primitiva ha sperimentato.
Dopo aver trascorso più di un anno nel libro degli Atti, ho messo assieme quattro punti principali che vorrei brevemente menzionare e condividere con voi.
La grazia ci insegna a pregare per i nostri nemici
Mentre predicavo su Atti, una delle idee su cui mi ritrovavo a riflettere ripetutamente era quella di quanto sia stato importante e punto di svolta il martirio di Stefano; ho pensato alla colpevolezza ed implicazione di Paolo in quest’omicidio e di come questo fatto deve essere stato presente nella sua mente per il resto della sua vita cristiana.
Il capitolo 7 di Atti contiene il sermone che ha portato Stefano ad essere ucciso, in seguito ad esso vediamo l’omicidio perpetuato da parte della folla, incluso Paolo. Quando ho predicato su questo brano, ho purtroppo trascurato una cosa molto preziosa: la preghiera di Stefano mentre moriva.
Mentre stavano lapidando Stefano, egli ha gridato: “Signore Gesù, ricevi il mio spirito” e cadendo in ginocchio ha detto ancora a gran voce un’altra cosa: “Signore Gesù, non imputar loro questo peccato”. Dopo aver detto queste cose, si è addormentato.
Nel leggere questa preghiera, il nostro istinto è di dire: “Che uomo buono, secondo la volontà di Dio!” Il grido di Stefano è certamente stato pio ed amorevole verso i suoi nemici, ma avete mai considerato che Stefano stava effettivamente pregando anche per Paolo?
Troviamo qui una bellissima illustrazione della grazia di Dio; Stefano non solo pregò per i suoi persecutori affinché conoscessero il perdono di Cristo, ma ancor di più, Dio rispose a quella preghiera in Atti 9, portando Paolo alla conversione! Successe proprio quello per cui Stefano aveva pregato, è ciò che più desiderava mentre stava lì per morire: che i suoi nemici potessero conoscere lo stesso perdono che Dio aveva mostrato a lui.
Io non posso fare altro che sentire che questo stesso fatto dovrebbe motivarci a pregare di più per i nostri nemici, anche per quelli che pensiamo siano troppo lontani per essere raggiunti, troppo lontani da Dio. Chissà, e chissà, forse Dio vorrà mostrare la sua grazia e salvare la persona per cui vogliamo pregare!?
La diversità fa parte integrante della Chiesa
Una delle cose davvero frustranti per me sono le persone che dicono: “Beh, io e i miei amici siamo la Chiesa, non abbiamo bisogno di far parte di una chiesa generale più organizzata”. Ogni qualvolta qualcuno mi dice una cosa del genere, io la incoraggio ad esaminare il suo circolo di amici. Quello che generalmente noteranno sarà una caratteristica di similitudini che essi hanno in comune, fanno parte di un gruppo che è abbastanza omogeneo, di persone non molto diverse, persone con lo stesso modo di pensare, di simili derivazioni e della stessa età o fase di vita. Le persone che scelgono una chiesa, in generale la scelgono in base alla selezione di persone che sono più o meno tutte simili a loro.
Eppure una delle realtà della Chiesa è che essa è un posto formato da realtà molto diverse. Oggi se qualcuno dice “diverso” si tende a limitare la considerazione ad una sola categoria: la diversità di razza, ma la chiesa dovrebbe essere un posto eterogeneo, caratterizzato da “diversità” in molti altri modi: diversità di età, di condizioni finanziarie, diversità di carriera, di provenienza geografica, di livelli culturali e poi, certo, anche di razza.
Noi vediamo questa diversità in modo particolare nel conflitto della Chiesa in Atti 6. Il motivo per cui c’è stato bisogno di creare il diaconato nella Chiesa è stato proprio l’attrito e la frizione derivanti dalle differenze razziali nella Chiesa primitiva.
Se non fosse stato per Gesù Cristo, questi Giudei e Greci non avrebbero avuto alcun motivo per stare assieme nello stesso posto! Voglio sottolineare che la diversità è uno dei molti meravigliosi progetti di Dio nella formazione della Chiesa.
In qualunque incontro di culto domenicale potresti guardarti intorno e porti questa domanda: “Se non fosse per il Vangelo, frequenterei mai o mi troverei mai con queste persone?” Io credo che la risposta onesta nella maggior parte dei casi sarebbe “no”. Non è una cosa cattiva, anzi è una testimonianza meravigliosa della centralità di Gesù per tutti i nostri rapporti e per la Chiesa stessa. Frequentare persone che altrimenti non frequenteremmo se non fosse per Gesù è una delle realtà più felici di una chiesa “diversa” e incentrata sul Vangelo.
Gesù ha dato inizio ad una religione organizzata
L’epoca in cui viviamo è molto sospettosa per quanto concerne la “religione organizzata”. Io conosco una marea di persone che hanno dei valori e punti di vista generalmente cristiani e che, però, pensano di non aver bisogno della chiesa o di una chiesa, o di qualunque chiesa, perché dicono di poter fare incontri simili a casa propria, anche da soli con la propria Bibbia, ma la chiesa non riguarda solo un sermone o la lettura della Bibbia, la chiesa è l’intera esperienza di ritrovarsi insieme con il popolo di Dio, ascoltare l’esposizione letta e predicata insieme agli altri, ricevere insieme i sacramenti ed anche essere sotto la supervisione degli anziani e dell’intera congregazione.
Non si tratta soltanto di una mia idea personale, non è un mio punto di vista, ma una delle cose che il libro di Atti mostra è proprio che Gesù ama che la sua Chiesa e le sue chiese e vuole che ogni chiesa locale sia organizzata, ama il suo popolo e vuole in pratica che ciascuna chiesa sia funzionante anche con un certo tipo di struttura formale. Sotto la guida dello Spirito, gli apostoli stabilirono degli anziani per loro in ogni chiesa (Atti 14:23). In Atti 6, che abbiamo visto prima, troviamo che lo Spirito mosse i discepoli a stabilire dei diaconi nella chiesa. Se ci facciamo la nostra chiesa a casa nostra, da soli o con soltanto un gruppetto di persone selezionate, di amici e parenti, non possiamo avere anziani o diaconi o sacramenti, vivremo una condizione di “selettività e comodità delimitata”. In tal modo, inoltre, perderemo l’aspetto di “religione organizzata” intenzionale che Gesù ha stabilito.
Parlare di Gesù ai vicini non è opzionale
Il libro degli Atti, infine, si presenta ripetutamente come profondamente evangelistico, cosa che è chiaramente presa per scontata. Il libro comincia e termina con un’affermazione di missione che riguarda proprio l’evangelizzazione. In Atti 1:8 Gesù dice: “Voi mi sarete testimoni a Gerusalemme e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all’estremità della terra“. Il libro termina con Paolo che vive a Roma ed “all’estremità della terra”, agli arresti domiciliari, predicando ai Giudei e ai Gentili della città.
Atti comincia con il comando di evangelizzare, con una promessa di successo nell’evangelizzazione, ed è pieno di esempi di questi successi; poi termina con un esempio trionfante di auto-sacrificio dell’opera continuativa di evangelismo.
In Atti vediamo che i Cristiani parlano di Gesù ad ogni tipo di persona! Hanno testimoniato a senzatetto, a viandanti e mendicanti (3:6), a capi religiosi (4:1-12), a folle ostili (7:1-53), a stranieri che hanno incontrato lungo i viaggi (8:29-40), a folle di Giudei, a soldati (10:1-8), a persone sulle isole, a persone ricche nel mondo degli affari (16:11-15), a compagni di prigionia (16:25), ai loro carcerieri o guardie carcerarie (16:31), a filosofi (17:22-34), a Giudei di diritto (26:1-29) e persino a marinai duri e grezzi (27:25).
Il libro degli Atti ha radicato in sé un tema ed una traiettoria per mostrarci e dirci che dovrebbe essere parete del nostro DNA come Cristiani di dire alle persone ciò che Dio ha fatto per noi, come l’ha fatto e perché noi sappiamo che egli può fare lo stesso per qualunque persona incontriamo.
Adam Parker è il pastore di Pearl Presbyterian Church (http://www.pearlpres.com). È laureato presso la Reformed Theological Seminary, Jackson, ed è marito e padre di quattro figli.
Testo pubblicato originariamente sul sito di reformation21. Tradotto e riprodotto qui con l’autorizzazione da parte dell’editore Alliance of Confessing Evangelical. Il suo utilizzo totale o parziale è proibito in ogni forma previa richiesta e autorizzazione di SoliDeoGloria. Il contenuto del presente articolo non è alterabile o vendibile in alcun forma.
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