di James Montgomery Boice
“Giuda li riconobbe e disse: «È più giusta di me, perché non l’ho data a mio figlio Sela». Ed egli non ebbe più relazioni con lei. Quando venne il tempo in cui doveva partorire, ecco che Tamar aveva in grembo due gemelli. Mentre partoriva, l’uno di essi mise fuori una mano e la levatrice la prese e vi legò un filo scarlatto, dicendo: «Questo qui esce per primo». Ma egli ritirò la mano, ed uscì suo fratello. Allora la levatrice disse: «Perché ti sei fatta questa breccia?» Per questo motivo gli fu messo nome Perez. Poi uscì suo fratello, che aveva alla mano il filo scarlatto; e fu chiamato Zerac”. Genesi 38:26-30
Certamente, vi sono donne in ogni generazione che fanno parte dell’albero genealogico di Gesù, ma è interessante notare che proprio nella genealogia di Gesù che inizia nel Nuovo Testamento (Matteo 1:1-17) vi sono riferimenti a quattro donne che normalmente non ci si aspetterebbe di trovare:
1) Tamar, la cui storia è raccontata in Genesi 38 e che è il motivo per cui stiamo adesso esaminando l’argomento delle donne in questo studio;
2) Raab, la prostituta di Gerico, che ha nascosto le spie al tempo della conquista d’Israele;
3) Ruth, la Moabita, sulla quale è stato scritto un intero libro dell’Antico Testamento;
4) Bat-Sceba, che non è menzionata per nome nella genealogia, ma è identificata semplicemente come colei che era stata la moglie di Uria (vedere v.6).
È già una cosa importante e considerevole che delle donne siano incluse nella lista, perché non era la norma menzionare le donne nelle genealogie; nessuna delle grandi genealogie di Genesi menziona delle donne (Genesi 5,10,11,36,46; la linea dei malvagi di Genesi 4 cita le mogli e la sorella di Lamec); neppure le genealogie in 1 Cronache (capitoli 1-4), Esdra (capitoli 2,8,10) e Neemia (capitoli 7,11,12), e neanche le genealogie minori di Numeri 3 o Ruth 4. Eppure, nella genealogia in Matteo vengono menzionate quattro donne nello spazio di solo quattro versetti. Ancora più considerevole è il fatto che queste donne erano relativamente sconosciute, erano Gentili e (in tre dei quattro casi) erano notoriamente peccatrici o almeno lo erano state per un periodo della loro vita. E avessimo voluto cercare delle donne da notare in qualche modo daincludere nell’albero genealogico di Gesù, certamente non avremmo scelto queste! Forse avremmo preso in considerazione le molte donne più devote e credenti che sono state nel lignaggio verso la nascita di Gesù Cristo, e magari avremmo scelto persone come Eva, Sara, Rebecca o Lea. Queste donne sarebbero state certamente una porzione femminile della genealogia di Gesù degna di essere citata. Noi saremmo stati felici ed onorati di citazioni e nomi così; invece sono stati i nomi inclusi! Lo Spirito Santo, che ha ispirato la scrittura dei vangeli, non ha guidato Matteo a citare le donne che avremmo scelto noi, ma Tamar, Raab, Ruth e Bat-Sceba; qualcosa di inaspettato e considerevole come questo dovrebbe guidarci ad esaminare la questione in modo più approfondito.
DONNE PECCAMINOSE
La prima cosa da considerare è che tre delle quattro donne sono caratterizzate dall’essere state notoriamente peccatrici: solo Ruth è un’eccezione, ma dobbiamo ricordare che anche questa, essendo una Moabita, era sotto la maledizione della Legge Mosaica (Deuteronomio 23:3).
Abbiamo esaminato la storia di Tamar; alla fine di Genesi 38, Giuda confessa che la donna era più giusta di lui, poiché egli non aveva voluto darla in moglie a suo figlio Sela (v.26), ma questo non significa che Tamar era giusta, solo che Giuda era peggio di lei. Di certo Tamar rifletteva il livello morale della sua provenienza e cultura cananea, e lo vediamo anche dal fatto che fu pronta a prepararsi e presentarsi come una prostituta, come fosse cosa accettabile, ad avere un rapporto col suocero Giuda ed avere un figlio da lui. Aveva anche le sue giuste motivazioni, ma queste non giustificavano certo i metodi da lei usati per realizzare lo scopo.
La storia di Raab è raccontata in Giosuè 2 e 6, dove è identificata come una prostituta (Giosuè 2:1; 6:17,25). Ha nascosto le due spie giudee perché credeva che il Signore aveva dato la terra di Canaan al popolo giudaico. Per tale motivo fu anche risparmiata nella distruzione di Gerico. Raab sposò Salmon, un discendente di Perez, che era uno dei due fratelli gemelli figli di Tamar. Era la madre di Boaz, che sposò Ruth (Matteo 1:3-6: Ruth 4:18-21).
L’ultima di queste quattro donne, Bat-Sceba, ha una storia particolarmente peccaminosa che non è molto alleggerita dal fatto che il peccato di Davide, che commise adulterio con lei, era superiore. Dal tetto del suo palazzo Davide vide Bat-Sceba che si lavava e mandò a chiedere chi fosse. Quando gli dissero che era la moglie di Uria, l’Ittita, invece di lasciar stare la donna e non pensarci più, egli la mandò a prendere e poi ebbe rapporti sessuali con lei. Quando si scoprì che lei era incinta, Davide fece uccidere Uria e sposò la donna. Il figlio di cui Bat-Sceba era incinta morì, ma un figlio che ebbero più tardi, Salomone, fu il successore di Davide sul trono d’Israele.
In ciascuno di questi tre casi (con Ruth come eccezione) il peccato era una condizione risaputa, ma queste sono, comunque, proprio le persone che sono prese nella genealogia del perfetto Signore Gesù Cristo. Perché? Così che, come ha detto Martin Lutero, nessuno possa vantarsi o essere presuntuoso e superbo riguardo la propria giustizia o sapienza personale e, d’altra parte, nessuno possa disperare a motivo dei propri peccati. Anche se le donne nella genealogia familiare di Gesù erano colpevoli di grandi peccati, erano lo stesso salvate per mezzo della grazia di Dio, e questo è senza dubbio un grande incoraggiamento anche per noi. Lutero ha scritto: “Queste situazioni sono indicate e presentate per la nostra consolazione. I grandi santi devono fare grandi errori in modo che Dio possa testimoniare che richiede che ognuno si umili e sia considerato all’interno del catalogo dei peccatori e che solo quando hanno riconosciuto questo e confessato il loro peccato, essi hanno trovato e trovano grazia e misericordia…
Certamente, dobbiamo stare attenti e il più lontano possibile dai peccati, ma se qualcuno cade, non deve sentirsi perduto o irrimediabilmente condannato per questo. Dio non vuole né che rea- giamo con un senso di presunzione, né con uno di disperazione, non vuole che sbandiamo né adestra né a sinistra, senza eccessi. Nessuna presunzione a destra e nessuna disperazione a sinistra, dobbiamo rimanere sulla strada principale e centrale di Dio. Il peccatore o la peccatrice non devono abbandonare la propria fiducia nella misericordia egrazia di Dio, e la persona giusta non deve vantarsi poiché il Signore prende piacere in coloro che lo temono e che sperano nellasua misericordia (Salmo 147:11)”.
GIUDEO E GENTILE
Il peccato e la peccaminosità delle donne nell’albero genealogico di Gesù non è la cosa più considerevole a loro riguardo, ma quello che è più sorprendente, secondo me, è che erano tutte Gentili. Tamar e Raab erano Cananee, Ruth era Moabita, e Bat-Sceba, anche se non è detto esplicitamente, era presumibilmente una Ittita dal momento che era sposata con Uria, che era Ittita appunto. Che incoraggiamento per i Gentili! Ricordiamo che quando la donna Samaritana voleva parlare con Gesù del luogo più appropriato per adorare Dio, lei aveva detto: “I nostri padri hanno adorato su questo monte, ma voi dite che a Gerusalemme è il luogo dove bisogna adorare”. A questa affermazione che in realtà sottintende una domanda, Gesù rispose che “la salvezza viene dai Giudei” (Giovanni 4:20,22), cioè che la salvezza veniva tramite la nazione d’Israele, da cui è venuto il Messia, ed includeva l’incorporazione in quel popolo prima della morte e risurrezione di Cristo e l’avanzamento della proclamazione del Vangelo alle nazioni gentili. Eppure già sin dall’inizio era anche indicato che i Gentili dovevano essere inclusi dell’obiettivo della grazia salvifica di Dio. Il popolo giudaico fa risalire il proprio lignaggio ad Abramo, ma cosa è successo subito dopo il tempo di Abramo? La moglie di Isacco è stata Rebecca, che proveniva dal popolo del fratello di Abramo che allora viveva a Caran, cosa molto importante. Lei non era una discendente di Abramo. Poi Giacobbe prende in moglie sia Lea che Rachele, le sorelle di Labano, e neppure loro erano discendenti dirette di Abramo, anzi il loro padre era un uomo particolarmente pagano. Giuda sposò una Cananea, figlia di Sua, e poi diventò padre di Perez tramite Tamar, un’altra donna cananea.
Giuseppe sposò una donna egiziana e con lei ebbe due figli, Manasse ed Efraim, padri di due delle tribù d’Israele. Salmon (Salma o Sala) sposò Raab. Boaz sposò Ruth. Davide generò Salomone con Bat-Sceba. In realtà, sebbene ce ne fossero state alcune, è quasi impossibile citare il nome di qualche donna giudea, ad eccezione della vergine Maria, in tutta questa lunga lista di progenitori del Signore Gesù Cristo. Tutte le donne menzionate sono Gentili. Il commentatore Donald Grey Barnhouse ha osservato questo ed ha scritto: “In tutta la linea di derivazione di Gesù Cristo, che è fedelmente registrato come ‘figlio di Davide’, ‘figlio di Abramo’, non viene menzionata neppure una figlia d’Israele nell’elenco delle sue nonne e bisnonne, ma solo tre prostitute Gentili e l’adultera moglie Gentile di Davide.
Come mai la provvidenza divina ha fatto sìche le cose andassero in questo modo? La risposta sta certamente nel fatto che la Chiesa di Gesù Cristo è indicata come sua sposa e che i suoi componenti per lo più sono tutti Gentili. Tutti questi eventi di re stabiliti ed unti da Dio che hanno disubbidito al comandamento di Dio prendendo in moglie delle donne Gentili sono una chiara indicazione che il Signore Gesù Cristo personalmente prenderà in considerazione e si rivolgerà a tutte le famiglie del mondo, e che la Chiesa di Gesù Cristo avrebbe incluso non solo i figli fisici di Abramo, ma anche i Gentili”.
Io sono ben felice che queste donne sono incluse; in Efesini Paolo ha scritto che i Gentili erano “estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel mondo” (Efesini 2:12), come lo eravamo anche noi! Nell’inclusione di queste donne Gentili, però, nell’albero genealogico di Gesù possiamo scoprire che la misericordia di Dio non è limitata ad una nazione, ma è per tutti quelli che si vogliono identificare con l’opera di redenzione di Dio tramite il Salvatore.
PER FEDE… RAAB
Dobbiamo, però, essere identificati col Salvatore; è questo il prossimo punto che vogliamo prendere in considerazione. Tamar, Raab, Ruth e Bat-Sceba erano delle peccatrici che erano anche Gentili, ma non furono salvate semplicemente perché erano peccatrici o Gentili; queste donne furono salvate perché erano adoratrici di Jehowah e guardavano oltre ed in avanti verso il Redentore che Dio aveva promesso che sarebbe venuto tramite la linea genealogica in cui furono incorporate. È vero che non ci viene detto esplicitamente della fede di Tamar o di Bat-Sceba, anche se la loro fede certamente era o divenne posta nell’Iddio di Israele, ma la vera fede è certamente esplicita nel caso di Ruth e di Raab. La storia di Ruth è ben conosciuta, era una Moabita che era stata sposata con il figlio di una donna giudea di nome Naomi. Naomi si era spostata a Moab durante un periodo di grande carestia e fame in Israele, ed aveva portato i suoi figli con sé. I suoi figli, però, erano morti, e quando lei decise di tornare alla sua terra natia, Ruth, la sua nuora, decise di andare con lei. Naomi e Ruth divennero due grandi amiche, ma, cosa ancora più importante, negli anni trascorsi assieme Ruth apprese da Naomi l’importanza e la realtà di adorare il suo Dio, l’Iddio Creatore. All’inizio Naomi cercò di persuadere Ruth a rimanere a Moab, ma Ruth non voleva più restare ed avere niente a che fare con quel posto, e rispose dicendole di non insistere a convincerla di separarsi da lei per rimanere lì: “Dove andrai tu, andrò anch’io; e dove starai tu, io pure starò; il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio; dove morirai tu, morirò anch’io e là sarò sepolta. Il Signore mi tratti con il massimo rigore, se altra cosa che la morte mi separerà da te!” (Ruth 1:16-17).
Questo patto impegnativo e toccante, oltre al fatto che possiamo leggerlo in un brano letterario di meravigliosa poesia, contiene sette affermazioni che nell’insieme costituiscono un voto che Ruth non ha mai infranto: (1) chiese a Naomi di smettere di cercare di organizzare il suo ritorno al popolo ed agli dèi di Moab; (2) promise di andare con Naomi dovunque ella andasse; (3) promise di vivere anche lei dovunque ella decidesse di vivere; (4) affermò di scegliere per sé lo stesso popolo di Naomi; (5) affermò di voler scegliere lo stesso Dio di Naomi; (6) dichiarò che queste decisioni sarebbero state valide per tutta la vita e (7) infine si rivolse a Dio come testimone che il suo voto era sincero e permanente.
Quale era, però, la grande importanza di quest’impegno ed affermazioni fatti da Ruth? Si trattava di un impegno preso nei confronti dell’Iddio d’Israele. “Il tuo Dio sarà il mio Dio”. Giunse a questo tramite un processo: primo, per amore verso Naomi; secondo, perché era giunta ad identificarsi con il popolo di Naomi, i Giudei; infine, era giunta a voler adorare l’Iddio di Naomi. Qualunque sia stato il processo che l’ha portata a questo punto, l’elemento principale nella sua decisione era un impegno preso nei confronti di Jehowah, e dunque voglio ripetere, Ruth è stata salvata non semplicemente perché era una peccatrice, come siamo tutti noi, o una Gentile, ma perché decise di diventare una persona che adorava Dio e guardava in avanti verso il Redentore che egli aveva promesso di mandare.
E Raab? La sua fede è ancora più evidente. Raab viene menzionata in Ebrei 11 in quel meraviglioso elenco degli eroi e delle eroine della fede: “Per fede Raab, la prostituta, non perì con gli increduli, avendo accolto con benevolenza le spie”(Ebrei 11:31). Giosuè aveva mandato due spie ad esaminare la terra di Canaan, specialmente la regione attorno a Gerico. Essi rimasero di notte nella casa di Raab. In qualche modo giunse parola al re della loro presenza, ma quando i suoi soldati arrivarono lì per arrestarli, Raab li nascose e poi li mandò in una zona sicura, e si rivolse alle spie dicendo: “Io so che il SIGNORE vi ha dato il paese, che il terrore del vostro nome ci ha invasi e che tutti gli abitanti del paese hanno perso coraggio davanti a voi. Poiché noi abbiamo udito come il SIGNORE asciugò le acque del mar Rosso davanti a voi, quando usciste dall’Egitto, e quel che faceste ai due re degli Amorei, di là dal Giordano, Sicon e Og, che votaste allo sterminio. Appena l’abbiamo udito, il nostro cuore è venuto meno e non è più rimasto coraggio in alcuno, per causa vostra; poiché il SIGNORE, il vostro Dio, è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra. Vi prego dunque, giuratemi per il SIGNORE, poiché vi ho trattati con bontà, che anche voi tratterete con bontà la casa di mio padre; e datemi un segno sicuro che salverete la vita a mio padre, a mia madre, ai miei fratelli, alle mie sorelle e a tutto quel che appartiene a loro, e che ci preserverete dalla morte”. Giosuè 2:9-16
Le spie le dissero di prendere con sé i suoi genitori a casa sua e di identificare la sua casa con una corda rossa alla finestra con la quale avrebbe permesso loro di scappare. La donna fece ciò che le era stato detto ed avvenne come le spie avevano promesso: quando le mura di Gerico crollarono, la porzione che conteneva la casa di Raab rimase in piedi, così lei ed i suoi familiari furono risparmiati e salvati. La sua testimonianza era che l’Iddio d’Israele era il vero Dio, dei cieli e della terra, e che proprio Dio aveva dato loro quella terra.
SPERANZA PER TUTTI
Io trovo che queste storie delle donne nell’albero genealogico di Gesù siano una fonte di speranza per chiunque si senta in colpa, un peccatore o una peccatrice, oppure che si senta lontano dal Vangelo, per un motivo o per un altro. Queste storie e queste donne affermano che la porta per la salvezza è stata spalancata ai Gentili come ai Giudei, ai peccatori come a coloro che pensano di essere santi e giusti. Non si può essere salvati se si rimane fuori dalla porta; bisogna entrare, ma il punto è che bisogna decidere di entrare, ed è lo stesso Gesù Cristo, il Salvatore, che dichiara: “Chiunque viene a me, io non lo caccerò fuori” (Giovanni 6:37).
Non diciamo che l’invito è per gli altri: è per noi, chiunque siamo! Possiamo essere anche dei grandi peccatori, come lo era Bat-Sceba. Questa donna viveva in Israele durante un periodo di grande vantaggio spirituale; in tutta la storia d’Israele non c’è stato periodo più glorioso di quello del regno di Davide. Israele era al picco del suo sviluppo e Dio era onorato perché l’adorazione era organizzata e seguita attentamente; la Legge era stata promulgata e vennero scritti i Salmi ed altre porzioni dell’Antico Testamento. Bat-Sceba, dunque, aveva la conoscenza che era disponibile e prevalente all’epoca, eppure, quando Davide volse lo sguardo verso di lei e le chiese di andare da lui, sembra che lei sia andata da lui volontariamente, poiché in tutte le Scritture non troviamo indicazione di alcuna protesta da parte sua. Bat- Sceba era certamente una donna leggera, una peccatrice, eppure la salvezza era per lei. Senza dubbio lei, insieme a Davide, si sarà pentita del suo peccato e decise di adorare Jehowah con impegnoe serietà. Forse noi siamo non solo dei peccatori ancora più grandi di Bat-Sceba, ma anche ignoranti di esserlo, come deve essere stata Tamar (c’è da dire però che in un certo senso, l’ignoranza diminuisce la gravità del peccato, ma dall’altra parte, essa rende la condizione del peccatore ancora più senza speranza). Tamar ha vissuto in un periodo in cui si sapeva poco del vero Dio; non c’era la Bibbia e l’unica conoscenza che avevano i patriarchi di Dio era quella che egli aveva scelto di dar loro una terra particolare per mezzo di una serie di visioni, le quali essi non ricordavano neppure tanto bene. Che cosa conosceva Giuda del vero Dio dei suoi padri, l’Iddio di Abramo, Isacco e Giacobbe? Probabilmente molto poco. Possiamo immaginare che egli non abbia trasmesso molto a Tamar neppure di quel poco che sapeva di Dio e, dunque, la condizione di Tamar era davvero di grande ignoranza, senza speranza per quanto concerneva la sua conoscenza di Dio. Dio, però, l’ha condotta nella linea genealogica del Messia e senza dubbio l’ha portata ad una vera e crescente fede in lui. Ruth era una donna giusta, l’unica delle quattro, ma faceva parte di un popolo reietto. Anche noi possiamo essere poveri e disprezzati come Ruth, ma non ha importanza: la salvezza è anche per noi ed anche noi possiamo dire come Ruth: “Il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio”. Potremmo, infine, essere soli come Raab. Il famoso predicatore Battista Charles Haddon Spurgeon ha condiviso un sermone su Raab in cui prendeva nota delle difficoltà che avrebbero potuto ostacolare la sua fede, enfatizzando la sua solitudine. La donna aveva ricevuto istruzioni dai suoi genitori che facevano parte della razza condannata dei Cananei. Questi ultimi non avevano essi stessi alcuna fede in Dio e quindi non potevano insegnare niente a lei, che quindi non era diventata adoratrice di Jehowah grazie alla famiglia. Essi non avevano espansioni familiari nel santuario, nessun angolino dedicato ai profeti nella loro casa, nessun nome di riferimento della loro famiglia faceva parte del popolo di Dio. Riflettiamo ancora sul fatto che non si trovava in un paese in cui si credeva in Dio, quindi non solo in famiglia lei non aveva alcuno con cui simpatizzare riguardo alla fede, ma neppure nell’intera città di Gerico: per quanto ne possiamo sapere, lei, nella città, sembra essere stata l’unica credente in Jehowah. Ricordiamo anche che i suoi mezzi di conoscenza erano molto deboli e che quindi il cibo della sua fede era comparativamente scarso. Raab aveva molto poco, eppure ha ricevuto tutto; stava sola, eppure stava con Jehowah e quindi è da considerare accanto non solo all’Iddio onnipresente, ma anche a tutto il suo popolo. Non permettiamo a nulla di tenerci lontano da Gesù. Il diavolo ci dirà che siamo troppo peccatori o troppo lontani o troppo ignoranti; non ascoltiamo il diavolo, non ci facciamo vincere dai suoi suggerimenti: ascoltiamo Gesù e crediamo alle sue promesse. Avviciniamoci sempre più a lui, più di queste sorelle o questi fratelli spirituali, più di quanto non abbiano potuto fare coloro che hanno fatto parte di questo albero genealogico.
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