di James Montgomery Boice

“In quel tempo Giuda si separò dai suoi fratelli e andò a stare da un uomo di Adullam, di nome Chira. Là Giuda vide la figlia di un Cananeo di nome Sua; se la prese e si unì a lei. Ella concepì e partorì un figlio, che egli chiamò Er. Poi ella concepì di nuovo e partorì un figlio, che chiamò Onan. Partorì ancora un figlio e lo chiamò Sela. Giuda era a Chezib, quando ella lo partorì. Giuda prese per Er, suo primogenito, una moglie che si chiamava Tamar. Ma Er, primogenito di Giuda, era perverso agli occhi del SIGNORE; e il SIGNORE lo fece morire. E,….. Genesi 38:1-25

A primo impatto ed in una prima lettura questi versetti ci possono sembrare alquanto strani e persino un po’ spiacevoli: dopo Genesi 37, in cui la storia di Giuseppe ha appena preso il via, si passa a Genesi 38 con il suo flashback dove notiamo i peccati del fratello maggiore di Giuseppe, Giuda, in Canaan. Bisogna dire che questo capitolo è parentetico: nella lettura saremmo intenzionati a proseguire nella storia di Giuseppe, per vedere come se la cavava in Egitto come schiavo di Potifar, ma nella Bibbia troviamo proprio Genesi 38, capitolo che ha a che fare anche con peccati di sesso; in un primissimo momento è difficile vedere come potrebbe essere per noi edificante. Un commentatore, che non dà mai troppa importanza a storie di questo tipo, descrive questo capitolo come “totalmente inappropriato ad un uso omiletico, come uno studente devoto della Bibbia potrebbe cercare di fare e ricavare da esso”. Eppure vi sono delle buone motivazioni per cui Genesi 38 si trova esattamente lì dov’è! Per prima cosa, fa parte della storia di Giacobbe, storia che, come ci è stato già detto, questi capitoli contengono (Genesi 37:2). Non appena Giuseppe viene menzionato, pensiamo che l’interesse dell’autore sia dunque passato su di lui, o per lo meno questo è quello che avviene spontaneamente a noi da pensare, ma non è così che procedevano i pensieri dell’autore di Genesi, che ci dice: “Questa è la discendenza di Giacobbe” e procede a presentarci la storia di Giuda. La gran parte delle azioni di questi anni si incentra su Giuseppe, poiché egli è colui per mezzo del quale la famiglia si è praticamente spostata in Egitto e grazie al quale la loro vita e la vita di molti altri è stata risparmiata, ma questa, però, è la storia di Giacobbe (incluso Giuda) e Giacobbe infatti si ripresenterà più tardi per benedire i figli di Giuseppe e profetizzare il futuro delle tribù d’Israele che si stavano sviluppando.
Come seconda cosa, il capitolo indica perché il periodo della schiavitù egiziana era necessario per il popolo scelto. I discendenti di Abramo a Canaan si erano sposati con persone del posto ed erano dunque in pericolo di essere interamente digeriti e risucchiati dalla cultura dei Cananei. I Giudei sarebbero stati preservati come popolo speciale e separato in Egitto, dal momento che agli Egiziani non piacevano gli stranieri, in particolar modo i pastori (Genesi 46:34).
Secondo me, comunque, il motivo principale per cui Genesi 38 viene incluso a questo punto è per evidenziare un contrasto con la storia della condotta di Giuseppe nella casa di Potifar presentata nel capitolo che segue. Genesi 39 parla infatti della buona e lodevole condotta di Giuseppe in seguito alle tentazioni create dalla moglie di Potifar. Dal punto di vista umano, sembra che Giuseppe avrebbe potuto avere molto da guadagnare da una eventuale accondiscendenza, mentre molto da perdere nel rifiuto. Si trovava in Egitto e quindi ci si poteva aspettare da lui che si comportasse come gli Egiziani. Nondimeno, egli considerò il peccato come tale e rifiutò di conformarsi ad un comportamento peccaminoso. “In questa casa, egli stesso non è più grande di me e nulla mi ha vietato, se non te, perché sei sua moglie. Come dunque potrei fare questo gran male e peccare contro Dio?” (Genesi 39:9)
Al contrario, Giuda si trova a Canaan e non ha niente da guadagnare da quest’incontro intimo, se non, forse, qualche momento di piacere, ma egli ha peccato! Si rivolge ad una donna che sembrava essere una prostituta con una tale naturalezza come oggi qualcuno chiamerebbe un taxi. Se Giuseppe era “l’uomo di Dio” in Egitto, come lo abbiamo descritto in precedenza, così Giuda era certamente “l’uomo dell’uomo” a Canaan. Si trovava nella terra della Promessa, eppure era così lontano e diverso da Dio quanto lo erano i Pagani che lo circondavano.

I PECCATI DI GIUDA
La storia comincia con un riferimento di tempo, notando che era “in quel tempo” che Giuda lasciò i suoi fratelli e si recò ad Adullam, dove sposò la figlia di Sua. Il riferimento è al tempo in cui Giuseppe fu venduto ai Madianiti, il che significa che gli eventi del capitolo devono aver avuto luogo nel periodo di 22 anni fra la vendita di Giuseppe e la partenza della famiglia di Giacobbe per l’Egitto (ci sono stati 13 anni prima della promozione di Giuseppe a primo ministro, seguiti da 7 anni di abbondanza e raccolti propizi e da 2 di penuria e fame. Certo tutto rientra in questo quadro in modo stretto, ma c’entra).
Sembra che Giuda sia andato ad Adullam poco dopo la vendita di Giuseppe, forse perché non poteva affrontare il grande, indomabile ed inestinguibile dolore del padre Giacobbe per la perdita del figlio Giuseppe (Genesi 37:34-35). Lì Giuda si sposò con una donna cananea ed ebbe da lei un figlio a cui pose nome Er e che dette in matrimonio a Tamar all’età approssimativa di 16 o 17 anni. Dopo la morte di Er, Giuda dette in marito a Tamar il suo secondo figlio, Onan, che aveva circa 19 o 20 anni, e questo lascia 2 o 3 anni di tempo per gli altri eventi: un anno in cui Tamar ritornò a casa della sua famiglia d’origine, la casa di suo padre, poi la seduzione di Giuda da parte di Tamar e la nascita dei gemelli di Tamar. Se i tempi sono esatti, gli eventi del capitolo dovrebbero aver avuto luogo durante gli anni in cui la famiglia di Giuseppe rimase in Canaan e quindi ci portano all’importante evento che segue nella loro vita, cioè la migrazione e il trasferimento in Egitto, che avvenne quando Giuseppe aveva 39 anni.
Giuda è colpevole di 3 peccati in questo capitolo, e sono progressivi, cioè ciascuno è collegato in qualche modo con quello precedente e peggiora. Per primo, Giuda ha sposato una non-credente, una donna pagana. Il suo nome non ci viene dato, ma era la figlia di Sua di Adullam ed è identificata come Cananea. Il suo carattere è stato molto probabilmente trasmesso poi anche ai suoi figli, due dei quali Dio fece morire per la loro malvagità (vv.7,10). È una cosa triste, ma molti fallimenti cristiani possono essere fatti risalire proprio ad un matrimonio sbagliato, ad un matrimonio con un partner non cristiano. Alcuni anni fa ho fatto una consulenza ad una ragazza coinvolta in un matrimonio del genere. L’uomo non era cristiano e la donna ne era consapevole, eppure lei voleva così tanto sposarsi che decise di andare avanti in questo rapporto e di sposarlo nonostante i numerosi avvertimenti e consigli da parte dei suoi amici. La ragazza sperava che l’uomo si potesse convertire e potesse diventare così cristiano grazie alla sua testimonianza. In pratica la cosa funzionò proprio al contrario: la ragazza cominciò a non frequentare più la chiesa, si trasferì altrove, fece nuove amicizie e poi non la vedemmo proprio più, finché, anni dopo la rincontrai e, devo ammettere, non l’avrei mai riconosciuta se non per il fatto che fu lei ad identificarsi. Sembrava molto più vecchia e chiaramente infelice. Mi raccontò la sua storia e prima di andare via mi confidò: “Odio ammetterlo, ma avevate ragione, non avrei mai dovuto sposare quest’uomo!”
Sapete, la Bibbia vieta il matrimonio di un cristiano/una cristiana con uno/una che non lo è “Non vi mettete con gli infedeli sotto un giogo che non è per voi; infatti che rapporto c’è tra la giustizia e l’iniquità? O quale comunione tra la luce e le tenebre” (2 Corinzi 6:14).
Per questa ragione io non celebro mai matrimoni in cui sono consapevole che un cristiano sposa una non-cristiana o il contrario. “E il fidanzamento?”- può chiedere un giovane – “Ci si può almeno fidanzare con una/un non-credente?” Non voglio rispondere a questa domanda in un modo altrettanto categorico di quello che ho risposto alla domanda sul matrimonio, perché effettivamente qualcuno dei fidanzati non-cristiani si è anche convertito nel periodo di fidanzamento con un cristiano/una cristiana ed il matrimonio che ne è risultato è stato secondo la volontà di Dio, però si tratta senza dubbio di qualcosa di molto pericoloso e ci vogliono cristiani davvero forti per incamminarsi in questo percorso così: è qualcosa solo per i cristiani più maturi, o per lo meno maturi abbastanza da non permettere all’interesse romantico di prendere il sopravvento sui suoi interessi cristiani con la saggezza di non prendere impegni matrimoniali in nessun senso (neppure parlarne) finché non è chiaro che la/il potenziale partner ha preso una seria decisione riguardo la fede, si è sinceramente convertita/o al Signore Gesù Cristo ed è diventata/o un suo vero seguace in cammino verso la maturità. Una persona giovane deve ricordare che l’amicizia è il preludio al corteggiamento ed il corteggiamento è il preludio per il fidanzamento e questo per il matrimonio, e che ad un certo punto lungo questo percorso (preferibilmente prima più che dopo) il cristiano deve essere certo della salvezza dell’altra persona. Mancare o fallire in questo significa invitare il disastro nella propria vita. A volte può succedere che una moglie o un marito cristiani alla fine si convertono grazie a (o nonostante) la testimonianza del coniuge cristiano (per la misericordia di Dio), ma generalmente questo non accade prima di molti anni di dolori ed afflizioni innumerevoli da parte del coniuge cristiano e succede quasi sempre dopo che il coniuge credente riconosce di essere disubbidiente.

PROMESSE INFRANTE
Osservando sempre il personaggio di Giuda, vediamo che egli fu infedele ai suoi impegni e voti più solenni, cosa che non sorprende molto, visto che nel suo matrimonio egli era stato sin dall’inizio infedele nei confronti di Dio. Questo incidente specifico riguardava il matrimonio di Tamar con i suoi figli Er ed Onan. Secondo le abitudini dell’epoca, se moriva un fratello maggiore senza aver avuto figli, era responsabilità del fratello maggiore dopo di lui sposare la vedova e quindi mettere su famiglia con figli insieme a lei, provvedendo così un erede per suo fratello morto. Questo significava che il primo figlio maschio della nuova famiglia sarebbe stato considerato come se fosse figlio del fratello maggiore ed avrebbe conservato il suo nome con il diritto di ricevere la sua eredità. Questo era indicato come “matrimonio levi-rato” (matrimonio rilevato, riscattato, legiferato), dalla parola latina “levir” che significa “fratello secondo la legge”. Apparentemente, si trattava di un obbligo abbastanza propagato nell’antichità, perché mantenere le linee di discendenza nella famiglia era di grande importanza ed è una legge incorporata nella Legge Mosaica in Deuteronomio 25:5-10 (Matteo 22:23-28).
Questa situazione prevaleva nel caso di Tamar: Giuda era riuscito a darla in moglie al suo primogenito, Er, che il Signore aveva più tardi fatto morire per la sua perversione. Secondo le abitudini, quindi, fu poi data in sposa ad Onan, il secondo figlio di Giuda. Onan fu d’accordo a sposare Tamar, ma non volle avere un erede per suo fratello maggiore morto, probabilmente credendo che non facendolo avrebbe avuto per sé tutti i privilegi dell’eredità che altrimenti sarebbero andati a lui. È possibile che Onan interrompesse tutti i suoi rapporti sessuali con Tamar per evitare che la donna rimanesse incinta. Il Signore giudicò seriamente peccaminoso questo atteggiamento e fece morire anche lui. A questo punto Tamar sarebbe dovuta diventare la moglie del terzo figlio di Giuda, Sela, cosa di cui Giuda era consapevole, avendo affermato: “Rimani vedova in casa di tuo padre, finché Sela, mio figlio, sia cresciuto” (v.11), ma le sue parole erano ingannevoli; in realtà egli non voleva che il suo terzo figlio, Sela, sposasse Tamar, pensando che anche lui sarebbe morto come gli altri due fratelli (V.11). Di conseguenza, man mano che trascorrevano gli anni, diventava sempre più evidente che Giuda avesse dimenticato i suoi obblighi con Tamar, per cui la donna era ritornata da suo padre e, come si dice, per Giuda si stava verificando il detto “lontana dagli occhi, lontana dal cuore”.

AZIONI IMMORALI
Più viveva a Canaan, più Giuda diventava come il popolo del luogo, anzi diventava peggio di loro, peggio dei Cananei, a giudicare dalla sequela di eventi e comportamenti in questa storia; stava diventando abbastanza immorale. La storia ci dice che quando Tamar comprese che Giuda non aveva alcuna intenzione di darla in moglie all’altro figlio, Sela, organizzò un piano grazie al quale lei sarebbe potuta rimanere incinta di Giuda stesso. Per prima cosa, si tolse gli abiti da vedova e si vestì, invece, con abiti colorati caratteristici di una prostituta del tempio (a quei tempi la prostituzione “religiosa” era una cosa usuale in Canaan, e continuò ad essere praticata negli anni successivi, rappresentando una piaga anche per la nazione d’Israele). Poi Tamar si sedette presso l’entrata della città (o del tempio) di Enaim, dove si aspettava di incontrare Giuda che passava di lì per andare a Timna a tosare le sue pecore. Nel passare di là, Giuda vide Tamar e, non avendola riconosciuta e pensando che fosse una prostituta, le chiese di stare con lui. La donna chiese un compenso, così lui le promise di darle un giovane capretto dal suo gregge, ma la donna volle rassicurarsi: “Mi darai un pegno finché tu me lo abbia mandato? “Che pegno ti darò?”, chiese Giuda. Così Tamar chiese: “Il tuo sigillo, il tuo cordone e il bastone che hai in mano”. Egli accettò e così i due stettero assieme, la donna gli permise di giacersi con lei e fu da lui messa incinta. Subito dopo, la donna se ne tornò velocemente alla casa paterna e si rimise gli abiti da vedova. Naturalmente, quando Giuda mandò il suo amico Chira, l’Adullamita, a riprendere le cose che aveva dato in pegno, Tamar non si fece trovare e non poterono trovarla da nessuna parte, e Giuda fu forzato a lasciar perdere. Circa tre mesi dopo, si capì che Tamar era incinta, e la cosa fu portata all’attenzione di Giuda, che, quando lo seppe, stabilì per lei la peggiore delle punizioni: “Portatela fuori e sia bruciata!” (v.4). A quel punto, però, Tamar mandò a Giuda gli oggetti del pegno, dicendogli di essere incinta dell’uomo che ne era il proprietario e chiedendogli di riconoscere a chi appartenevano quel sigillo, cordone e bastone, invitandolo così a ricordarsi del loro incontro (v.5). Giuda non poté che riconoscere quegli oggetti ed anche il fatto che la donna aveva agito in modo più sensato e avveduto di lui: “È più giusta di me, perché non l’ho data a mio figlio Sela” (v.6). Tamar fu risparmiata e più tardi partorì e dette alla luce due maschietti gemelli, Perez e Zerac. Il primo dei due divenne progenitore del Signore Gesù Cristo (vedere Matteo 1:3; Luca 3:33).

GRAZIA ABBONDANTE
C’è una quantità di applicazioni importanti da poter trarre da questa storia, come hanno riconosciuto la maggior parte dei commentatori. Per prima, possiamo trarre una lezione riguardo il peccato, poiché la storia mostra come un peccato porta inevitabilmente ad un altro e come alla fine la maggior parte dei peccati vengono a galla e vengono scoperti (certamente in occasione del giudizio finale ogni peccato diventerà noto e tutti i fatti saranno conosciuti). Il peccato di Giuda di aver sposato una donna pagana lo portò ad infrangere i suoi obblighi ed i suoi impegni verso sua moglie stessa e verso Tamar, e lo condussero a vivere secondo una morale molto trascurata. Questo fatto, inoltre, ebbe delle ripercussioni anche sugli altri: senza dubbio la corruzione di sua moglie passò anche ai figli ed il suo peccato con Tamar la espose ad una vergogna pubblica ed anche ad un gran pericolo.
Se siete tentati a peccare (come è stato tentato Giuda o in qualche altro modo), non pensate mai che in un modo o nell’altro sfuggirete alle conseguenze del peccato; il peccato ha tentacoli e ben presto si rimane avviluppati in essi. Il peccato di Davide con Bat-Sceba (adulterio) lo ha poi portato a peccare contro Uria (omicidio) ed il risultato e sviluppo di questo male ha poi influenzato la nazione intera. Eppure, per quanto grande fosse il peccato di Giuda, è anche evidente che Dio operò e produsse del bene anche a partire da questi errori, dal momento che da questo incesto nacque Perez, uno dei progenitori del Messia, il Signore Gesù Cristo. Non è strano che Cristo debba tracciare la sua derivazione proprio tramite questo figlio illegittimo di Giuda piuttosto che tramite Giuseppe, che era molto più simile a Cristo e ad un esempio di comportamento morale, oltre ad essere così importante negli ultimi episodi del libro di Genesi? “Strano!” – dice un commentatore – “eppure non più strano del fatto di dover avere compassione dell’altra donna di Canaan che ai giorni della sua carne combatté contro di lui e rifiutò di lasciarlo andare, finché egli non l’ebbe benedetta.
Il fatto che nella sua genealogia egli abbia dovuto mescolarsi con il dolore ed il peccato umano è una caratteristica normale del suo essere, quando poi è venuto sulla terra, amico di pubblicani e peccatori, chiamando a pentimento non i giusti ma i peccatori. Questa macchia sul suo vestito, questa tacca nella sua cresta, questa vergogna nel suo albero genealogico, questo colore di paganesimo e di prostituzione nel suo sangue regale, sono tutte cose che sono state ordinate e stabilite sin dall’inizio. È stato stabilito di umiliare la sua nobile signoria e pompa regale come essere superiore, in modo da svergognare ironicamente anche le più alte posizioni gloriose umane. È stato stabilito anche che sarebbe stata indicata e sottolineata la grazia e l’accondiscendenza dell’Iddio Supremo che dona il suo Unigenito e Santo Figlio, il Figlio che si abbandona e accondiscende liberamente ad essere uno che fa parte della nostra razza impura e colpevole oltre che, per quanto giusto e santo egli è in sé stesso, a venire in contatto con la colpevolezza ed impurità di ogni essere umano, portando su sé stesso e sul suo corpo i nostri peccati su quella croce in modo che noi morti nei peccati, potessimo vivere nella giustizia (1 Pietro 2:24)”.
Lutero ha detto che la storia di Giuda e Tamar è stata inclusa in Genesi per due scopi, uno dei quali è riprendere la presunzione: se Giuda, che era un progenitore del Signore Gesù Cristo ed era istruito, come deve essere stato, nella religione di suo padre Giacobbe e dei suoi progenitori Isacco ed Abramo, peccò così facilmente e gravemente andando con Tamar, allora ognuno di noi può cadere in peccato, indipendentemente dalle nostre origini e derivazioni familiari, indipendentemente dai privilegi o dall’addestramento, cultura e preparazione che abbiamo. Siamo tutti chiamati a confessare la nostra natura peccaminosa e a rimanere vicini a Dio, perché soltanto da lui ci può venire la forza di resistere alle tentazioni quando sopraggiungono.
La storia serve anche come lezione contro la disperazione, perché proprio in mezzo a questo grande peccato vediamo lo stesso la grande misericordia di Dio. Lutero ha scritto: “La Chiesa di Dio ha un grande bisogno di questi esempi” per trovare una risposta alla domanda: “Che ne sarà di noi peccatori?”. Che speranza abbiamo noi? Che speranza avremmo avuto noi se Pietro non avesse rinnegato Gesù e tutti gli altri apostoli non avessero sbagliato e l’avessero offeso in un modo o nell’altro? E se Mosè, Aaronne e Davide non avessero anche loro sbagliato e fossero caduti? In questo modo, dunque, Dio ha voluto consolare i peccatori con questi esempi, e dire: “Se siete caduti, ritornate da me, poiché la porta della misericordia è aperta per voi; voi, che non siete consapevoli di alcun peccato, non siate presuntuosi; tutti, siate fiduciosi e confidate nella mia grazia e misericordia”.
La Bibbia dice che dove il peccato è abbondato la grazia è sovrabbondata (vedere Romani 5:20). Questo è vero ai tempi di Giuda e Tamar, ed è vero anche per i nostri giorni e per noi oggi. Nessuna cosa è stata mai meglio calcolata per poter attrarre la nostra attenzione alla sorgente di un tale favore immeritato.


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