di Gethin Jones
Nella prima epistola di Paolo ai Tessalonicesi, il Signore ci dà un comando, dicendo: “Siate sempre gioiosi; non cessate mai di pregare; in ogni cosa rendete grazie, perché questa è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi” (1 Tessalonicesi 5:18).
Mentre scrivo queste parole, proprio al centro di Parigi, il Coronavirus ha avuto una crescita e si è sviluppato rapidamente, specialmente nella regione di Parigi, e l‘intera Francia è stata messa sotto quarantena per un minimo di due settimane. Possiamo lasciare le nostre case solo per una di queste cinque ragioni, ed ogni volta dobbiamo stampare o scrivere una dichiarazione che spiega qual è appunto la nostra motivazione per uscire, altrimenti rischiamo di essere multati. Come il Presidente Macron ha dichiarato quando ha annunciato la quarantena: “Siamo in guerra” e questo dopo un inverno già non facile ed un anno intero di svariate difficoltà destabilizzanti. Nell’anno 387 d.C., dopo un periodo di crisi e ribellioni sociali in Antiochia, Giovanni Crisostomo disse le seguenti cose nelle sue “Omelie sugli Statuti”:“Non solo egli ci ha salvati dal naufragio, ma ci ha permesso di cadere in tale difficoltà ed ha permesso che un tale periglio estremo ci raggiungesse. Ecco perché anche Paolo ci esorta a ringraziare per ogni cosa. Egli dice: ‘In ogni cosa rendete grazie’ e non fa riferimento soltanto ai momenti o alle occasioni in cui siamo liberati dalle difficoltà, ma sta parlando anche dei momenti in cui siamo proprio dentro e soffriamo per le difficoltà”. [1]
Mentre stiamo fuori, dunque, e ci laviamo le mani, e con lo sguardo ci guardiamo intorno per vedere se intravediamo conoscenti e vicini, stando attenti a stare a dovuta distanza da chiunque, e preghiamo per i malati o coloro che hanno subito qualche perdita, oltre che per quelli che sono “a rischio”, in che modo possiamo continuare a “rendere grazie”? Ecco alcune riflessioni:
1) Rendiamo grazie perché questo ci viene dalla mano di Dio.
Nella prefazione al suo commentario sui Salmi, Giovanni Calvino ha scritto che il salmista “ci insegna e ci guida a portare la croce, che è un vero test di ubbidienza”, ma che cosa significa “portare la croce”? Significa che, come rinunciamo ai nostri piaceri ed affetti personali, ci sottomettiamo interamente a Dio, ed in tal modo gli permettiamo di governarci ed organizzare la nostra vita così che le nostre miserie e difficoltà, che sono la parte più dolorosa ed amara della nostra natura, diventano dolci per noi, poiché ci rendiamo conto che procedono da lui”. [2]
Quando Dio dà, qualunque cosa egli dà, noi vogliamo dirgli grazie, vogliamo essere riconoscenti, perché egli si è rivelato buono e affidabile totalmente da essere riconosciuto tale. Noi possiamo sapere che tutto ciò che egli ha dato opera assieme per il bene di coloro che lo amano e che sono chiamati per la sua volontà (Romani 8:28). Vogliamo, perciò, essere grati e ringraziare per ogni cosa perché tutto ci viene dalle mani del Padre.
2) Ringraziamo perché è cosa buona dire grazie a Dio.
Nel Salmo 92:1 possiamo leggere e cantare che è una buona cosa ringraziare e onorare il Signore. Il salmista non indica che ringraziare Dio è una semplice forma di educazione o di buone maniere, ma dice che è una cosa buona e bella da fare. Perché? Consideriamo ciò che accade. Il Padre dona, e noi lo ringraziamo. Di che cosa si tratta se non di comunione? Si tratta di una semplice espressione del nostro dare gloria a Dio e di gustare ed apprezzare la sua presenza.
3) Ringraziamo Dio per il nostro pane quotidiano.
Per lo più noi lo ringraziamo perché provvede ai nostri bisogni, eppure molti di noi nel cosiddetto mondo sviluppato non si sono dovuti preoccupare troppo di dove poter trovare il cibo necessario; spesso quando ascoltiamo dei sermoni sul “Padre nostro”, alcuni commenti sono fatti su come molti di noi non devono preoccuparsi di questo tipo di cosa nella società “abbondante” in cui viviamo, eppure dovremmo lo stesso ricordarci del provvedimento di Dio, dovremmo ricordare che alla fine dei conti è lui che provvede. Non manchiamo, inoltre, di ricordare che vi sono tantissimi nel mondo che comprano con un senso di timore, che non possono permettersi di spendere, che non hanno denaro per farlo, che sono a “rischio” o che, pur avendo i mezzi per comperare del cibo, si devono preoccupare di trovarlo, perché nel posto dove vivono non ce n’è a disposizione. Vogliamo pregare che, come il Signore continua a provvedere per i nostri bisogni, egli possa anche instillare in noi una gratitudine sempre più profonda per tutti i suoi buoni doni.
4) Ringraziamo Dio per la meraviglia di essere fatti a sua immagine.
Nel trovarci sempre più separati dagli altri, che siano stranieri o persone amate, anche il più introverso di noi può sentire una certa ferita ed un certo dolore dinanzi all’idea dell’isolamento. Perché? Perché veniamo privati della compagnia di esseri che sono stati fatti ad immagine di Dio.
Si tratta di una cosa incredibile e può essere doloroso trovarsi senza compagnia, perciò vogliamo ringraziare Dio perché abbiamo un tale privilegio, una tale cosa meravigliosa: parenti ed amici che abbiamo la possibilità di apprezzare e con cui abbiamo avuto il privilegio di condividere tante cose in passato, che ci sono al presente, e che magari, a Dio piacendo, ci saranno anche in futuro.
5) Ringraziamo Dio per la Chiesa.
Poiché noi non siamo in grado di avere una vera comunione con gli altri, né fisicamente e magari appena appena virtualmente, vogliamo, quindi, considerare le innumerevoli volte in cui abbiamo goduto la possibilità di gustare la comunione meravigliosa insieme al popolo di Dio presso il Monte Sion Celeste ed adorarlo, durante la nostra vita fino ad ora. Ringraziamo Dio per questo, e preghiamo Dio anche che presto verrà il giorno in cui sperimenteremo tutto ciò in modo stabile, specialmente il giorno in cui lo faremo per l’eternità, al ritorno di Cristo. Preghiamo, nel frattempo, per questo periodo di isolamento, e che in questo periodo di imperfezioni che ancora dobbiamo sperimentare possiamo, però, avere un impatto positivo su coloro che, fino ad ora, possono essere stati “tiepidi”, “instabili” o “incoerenti” nel loro amore e servizio per il Signore, nella chiesa locale e fuori. L’impegno per la chiesa locale è importante e necessario, e sentiamo molti attorno a noi che dicono: “Vedi, vado avanti bene, mi comporto bene anche senza andare in chiesa, senza incontrarmi con gli altri credenti”, ma preghiamo che in futuro molte più persone possano, invece, dire: “Mi è mancato l’incontro comune. È bello stare assieme ai credenti. Come ho potuto pensare di stare bene senza partecipare alle adunanze comuni?” E preghiamo che l’entusiasmo possa stuzzicare la curiosità sia dei nostri vicini che degli altri.
6) Ringraziamo Dio per “una tale redenzione”.
La prima domanda e risposta del Heidelberg Catechism (Catechismo di Heidelberg) chiarisce che i Cristiani sono le persone che gustano una serenità incrollabile sia per la vita che per la morte. La seconda domanda e risposta elenca le tre cose che abbiamo bisogno di sapere per “poter vivere e morire nella gioia di questa serenità e sicurezza”: colpa, grazia e gratitudine. In particolare, abbiamo bisogno di sapere come dobbiamo essere riconoscenti e grati a Dio per una “tale redenzione”.
Per che cosa dobbiamo, dunque, ringraziare Dio? Dovremmo ringraziarlo per tutte le cose che abbiamo citato prima o per la redenzione? La risposta è “Certo” o piuttosto: “Non separiamo troppo le due cose”. In un certo senso, di sicuro, la nostra redenzione è una cosa particolare per cui dobbiamo ringraziare Dio, ma, mentre non ogni cosa per cui dobbiamo ringraziare è “la redenzione” in sé; ogni cosa per cui dobbiamo rendere grazie a Dio è, comunque, dipendente dalla redenzione, collegata ad essa, e questo in almeno due modi:
- a) Il motivo per cui qualunque persona riceve e gusta ogni cosa buona in questo mondo è che, nella sua grazia comune, il Signore sta frenando il male e sta avendo un’immensa pazienza verso di noi. Perché? Perché “Il Signore non ritarda l’adempimento della sua promessa, come pretendono alcuni; ma è paziente verso di voi, non volendo che qualcuno perisca, ma che tutti giungano al ravvedimento” (2 Pietro 3:9). Egli è paziente, sta frenando il male e sta mantenendo l’ordine e la bontà, così che ancora tante persone possano avere l’opportunità di pentirsi.
- b) Come abbiamo notato in precedenza, perché il nostro Padre Celeste ci provvede tante cose buone? In modo che noi possiamo gustarle e gioire, e poi rivolgere ringraziamenti a lui, in modo che possiamo avere comunione e un buon rapporto con lui. Ecco a cosa serve la redenzione; egli non ci redime tanto per redimerci, ma lo fa per poterci fare avere comunione con lui.
Anche durante questi nostri giorni difficili, bui e dolorosi, vogliamo dire grazie, vogliamo essere riconoscenti e gustare con gratitudine la comunione con Dio ed i suoi santi, in armoniosa unità con Cristo Gesù, poiché è questa la volontà di Dio.
Note
[1] Peter Gorday, ed., Colossesi, 1–2 Tessalonicesi, 1–2 Timoteo, Tito, Filemone (Ancient Christian Commentary on Scripture – “Antico Commentario Cristiano sulle Scritture”; Downers Grove, IL: InterVarsity Press, 2000), 99.
[2] Jean Calvin, Commentaires de M. Jean Calvin Sur le Livre des Pseaumes, (Geneva: Conrad Badius, 1561), Vol. I, ii-iii; traduzione dell’autore.
Gethin Jones è ministro nella International Presbyterian Church (Chiesa Nazionale Presbiteriana). È al servizio in UFM Worldwide insieme a La Chapelle de Nesle, una chiesa evangelica riformata al centro di Parigi.
Testo pubblicato originariamente sul sito di reformation21. Tradotto e riprodotto qui con l’autorizzazione da parte dell’editore Alliance of Confessing Evangelical. Il suo utilizzo totale o parziale è proibito in ogni forma previa richiesta e autorizzazione di SoliDeoGloria. Il contenuto del presente articolo non è alterabile o vendibile in alcun forma.
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