di Justin Poythress

Non descriverei me stesso come uno che è facile all’ansia ed alla preoccupazione; non ho mai subito un attacco di panico e preferisco, piuttosto, isolarmi da raffiche informative e scoraggianti da parte dei media. Nelle ultime settimane, comunque, mi sono ritrovato (per usare una frase che sta diventando noiosa) a “calpestare un suolo mai sperimentato prima”. Vi sono stati dei momenti in cui mi sono sentito travolto da onde di ansia quasi paralizzanti. Che cosa sta succedendo?
Vorrei offrire due suggerimenti pratici per i Cristiani, che voglio offrire solo perché queste sono le cose di cui io personalmente ho trovato di aver bisogno di ascoltare e praticare.

Smettere di idolatrare l’indifferenza.
Questo è forse il nostro più grande bisogno come Cristiani al momento, se vogliamo essere ascoltati e presi sul serio. Le persone ci potrebbero rispondere: “Non volete creare panico”. È vero, ed è anche una presa di posizione saggia, ma il panico c’è già. Ancora più importante, se vogliamo essere onesti, è il fatto che il panico è già presente dentro la maggior parte di noi esseri umani.
Io non vedo che la tentazione principale dei Cristiani viene da un tentativo di produrre un’anarchia da panico, quanto piuttosto è di dire troppo facilmente cose come: “Dio è sovrano”, oppure “Io confido in Dio”, oppure ancora “Non sono troppo preoccupato di tutte queste cose che riguardano il Coronavirus; mi danno solo un po’ di fastidio”. Queste affermazioni possono tutte catturare sentimenti che noi stiamo realmente sentendo dentro ad un dato momento, ma dobbiamo essere in grado di predicare la buona notizia dell’amore di Gesù, della natura immutabile di Dio e della priorità della vita eterna sia a noi stessi che agli altri.

Mi riferisco a qualcosa di delicato ed importante, perché a volte siamo portati ad esprimere una comunicazione subdola: “Poiché sono un Cristiano, io non sono preoccupato, non mi preoccupo; e se tu fossi un Cristiano, se fossi un Cristiano più maturo, neanche tu ti preoccuperesti”.
Sì, confidare in Dio è definitivamente la soluzione per tutti i nostri timori, ora e sempre, ma c’è un problema: la pressione che sentiamo ad essere indifferenti o eccessivamente accondiscendenti, cose che possono emergere in modo genuino dal confidare in Dio, non sono in contrasto con il mondo, anzi tirano nella stessa direzione. Non bisogna necessariamente essere nati di nuovo per voler sembrare stabili, fiduciosi ed in controllo delle proprie paure, mantenendo la calma durante i momenti di crisi. Nessuno vuole essere visto come una persona che igienizza le verdure prima di mangiarle o programma l’uso della carta igienica, anche se è così che si sente di fare interiormente.
Nella realtà del momento sappiamo che c’è una malattia che si manifesta attorno a noi che è la più potente combinazione di eventi letali e contagiosi che abbiamo mai visto per centinaia di anni. La risultante di questo è che le economie mondiali sono state pronte a premere il bottone di pausa, a costo della perdita di miliardi di Dollari o Euro e migliaia di posti di lavoro ogni giorno. È come un incontro di pugilato in cui si riceve un colpo al collo e uno alla testa contemporaneamente.
Quindi anche se, per qualche motivo, non ci sentiamo particolarmente ansiosi, dobbiamo riconoscere che l’ansia è una risposta molto naturale al momento, e dobbiamo essere molto cauti a non reagire replicando l’errore di Giobbe e dei suoi amici, dicendo cose che possono essere teologicamente vere, ma non praticamente utili. Dovremmo muoverci verso gli altri con trasparenza e vulnerabilità, permettendo alla forza di Dio di brillare nella nostra debolezza.

Cibarsi delle Scritture, non dei telegiornali.
Confesso di essere stato particolarmente suscettibile a riguardo; è una tentazione scivolosa questa perché sopraggiunge in scatola regalo decorata come se fosse attendibile e riguardasse la capacità di attutire i colpi. “Se riesco a superare le curve, rimanere al di sopra di queste onde, allora riuscirò a superare tutto e rimanere in forma per me e per gli altri” è quello che più o meno diciamo a noi stessi, ma purtroppo è la mezza verità distorta caratteristica della linea di pensiero “conoscenza è potere” che fa parte della tentazione più vecchia che esiste al mondo. La caduta dell’umanità è stata il risultato del mangiare da un albero letteralmente definito “l’albero della conoscenza del bene e del male”. Mangiando da quest’albero, Satana ha promesso ad Adamo ed Eva che avrebbero acquistato conoscenza, e acquistando questa conoscenza superiore, essi sarebbero diventati come Dio.
Dio vuole che noi siamo saggi; egli dice che l’uomo saggio “ha gli occhi in testa, mentre lo stolto cammina nelle tenebre” (Ecclesiaste 2:14). C’è, però, una fine linea di demarcazione fra il non nascondere la testa sotto la sabbia e rifugiarsi in statistiche, predizioni e probabilità. L’ansia è una dipendenza seduttiva; più ci preoccupiamo e più pensiamo al problema e ne parliamo, cose che ci portano poi ad un livello ancora più alto di ansia e preoccupazione, con la produzione in noi di una tensione nervosa energizzata, che magari per stare più sicuri interpretiamo come un senso di attesa ed aspettativa calcolata, e così sembra che l’ansia abbia prodotto, temporaneamente, ciò che volevamo.

Eppure tutto questo è solo illusorio; la verità è che nessuno di noi sa come sarà la propria vita o lo stato di questo mondo fra qualche mese, ma è stato e sarà sempre così! È questa la natura e la realtà di ciò che significa essere delle creature e non il Creatore! Davide ha combattuto con questo pensiero e col desiderio di conoscere cose che non si possono conoscere, come vediamo nel Salmo 131:

“SIGNORE, il mio cuore non è orgoglioso
e i miei occhi non sono alteri;
non aspiro a cose troppo grandi
e troppo alte per me.
In verità l’anima mia è calma e tranquilla.
Come un bimbo divezzato sul seno di sua madre,
così è tranquilla in me l’anima mia”.

Il modo in cui possiamo sperimentare calma e tranquillità nella nostra anima è la via del Salmo 1. Coloro che trovano la loro gioia nella volontà e nella Parola di Dio, e che meditano su di essa giorno e notte, sono come un albero piantato presso rivi d’acqua, che porta il suo frutto nella sua stagione e le cui fronde non appassiscono.
L’immagine di essere come un albero che porta il suo frutto nella sua stagione è particolarmente appropriata; c’è una stagionalità nella nostra produttività, così come nella nostra vita spirituale. Grazie alla nostra unione con Cristo (la Vigna), le diverse stagioni ci fanno portare diversi frutti spirituali (Giovanni 15). La differenza è che noi possiamo predire quale stagione sta per venire.
Quello che possiamo sapere è questo: nello stare attaccati a Dio ed alla sua Parola, continueremo a fiorire e crescere, qualunque cosa succeda.


Justin Poythress (MDiv, WTS) è Assistente Pastore del ministero dello studente presso la Christ Community Church (“Chiesa comunitaria di Cristo”) a Carmel, in Indiana. 

Testo pubblicato originariamente sul sito di reformation21. Tradotto e riprodotto qui con l’autorizzazione da parte dell’editore Alliance of Confessing Evangelical. Il suo utilizzo totale o parziale è proibito in ogni forma previa richiesta e autorizzazione di SoliDeoGloria. Il contenuto del presente articolo non è alterabile o vendibile in alcun forma.
© solideogloria