di Mark Johnston

Che cosa spinge un predicatore a scegliere un dato libro o brano della Bibbia su cui predicare?
Ecco la domanda da sessantaquattro mila euro che io tendo a pormi in non poche occasioni, e sento di dover rispondere alla mia congregazione (normalmente quando sto per cominciare una nuova serie di messaggi). Immagino esista un grado di somiglianza con il montanaro che si domanda e si risponde: “Perché scalare quella montagna? Perché è lì!”
La Bibbia è piena di “montagne” spirituali, alcune delle quali abbastanza “himalaiane” nella loro proporzione, e tendono a spaventarci come predicatori, ma sono lì come parte dell’insieme delle Scritture che non sono soltanto “ispirate da Dio”, ma anche “utili”. Anche queste parti richiedono di essere scalate, quindi a volte mi sono ritrovato a dovermi tuffare in alcuni libri per la sfida che essi presentano (come Ezechiele), in altri per la loro misura (come Isaia) e in altri per la loro bellezza (come nei Salmi).

Che cos’è stato che mi ha portato a tuffarmi negli Efesini?
Parte della motivazione è stata pura nostalgia. Efesini è stato il primo libro che ha cominciato a formare veramente il mio pensiero e la mia vita di Cristiano molto giovane, circa 50 anni fa. Mio padre era un predicatore vissuto all’ombra di Martyn Lloyd-Jones e la cui predicazione fu enormemente influenzata da quel gigante dei predicatori della metà del 20° secolo. Nel vero stile Lloyd-Jonesiano, aveva la predilezione di predicare lunghe serie (e lunghi sermoni) che erano semplicemente coinvolgenti. Le sue serie sugli Efesini fu la prima di quelle consecutive esposizioni che davvero iniziò a registrare con me.
Ho fatto professione di fede all’età di 10 anni e mio padre iniziò a predicare quei sermoni quando ne avevo circa 12. Ho ancora la mia piccola edizione zippata della Bibbia King James che usavo a quei tempi e all’interno in fondo alle pagine ci sono le note che prendevo durante quei Culti serali. Nonostante tutti i limiti della mia comprensione, percepivo realmente che il messaggio di questo libro della Bibbia aveva un’aria di maestosità.
Questo senso di riconoscenza non fu soltanto rafforzato ma si approfondì anche nell’anno successivo quando alcuni dei miei amici più stretti nella scuola del nostro college, arrivarono alla fede e iniziammo insieme a fare studi biblici. Intervarsity Press aveva appena pubblicato il piccolo commentario tascabile sulla lettera agli Efesini di Francis Foulkes (il precursore al suo commentario Tyndale) e mio padre, sempre premuroso, ne mise una copia nelle nostre mani. Ci spinse dirigendoci ad usarlo come una guida allo studio degli Efesini. Giudicando dal fatto che lo stesso piccolo volume ora è a pezzi, dimostra il buon risultato ottenuto dal lavoro di adolescenti su questo libro.
Ricordo ancora come questi studi ci entusiasmavano con i molti basilari insegnamenti Cristiani, come scoprire quello che un “santo” è attualmente ma anche come ci portavano ad avere dibattiti molto accesi. L’inevitabile discussione sull’elezione e predestinazione era probabilmente la più memorabile. Io penso che la mia crescita verso l’essere un Credente in embrione a quel punto si scontrò con un importante ostacolo e mi portò anche a discutere con il mio caro padre, ma la sua risposta fu saggia e giudiziosa. Non si agitò davanti alle mie proteste, semplicemente mi riportò a “quello che la Bibbia dice”, ma mise anche nelle mie mani una copia dell’opera di Charles Hodge sull’Elezione e Predestinazione. Ancora mi permane il ricordo di non essere stato in grado di discutere con l’esegesi di quel grande uomo!
Dieci anni più tardi come giovane ministro, ancora abbastanza fresco di seminario, non fu forse sorprendente che Efesini fu una delle prime serie che intrapresi con la piccola congregazione in Irlanda nella quale ero il pastore. Anche quello divenne un viaggio condiviso di scoperta: per me di provare a predicare il libro, per la mia gente in maggioranza nuovi a una comprensione della Fede Cristiana – vedere passaggi familiari sotto una nuova luce. I sermoni possono non essere stati meravigliosi ma le verità che abbiamo visto insieme durante quei mesi, ci infiammarono.
Così, sì, il fatto che mi sono ritrovato tutti questi anni più tardi attirato dagli Efesini, era più di un piccolo sentimentalismo spirituale in quanto avevano svolto una tale parte cruciale sia nei primi anni del mio personale viaggio come Cristiano sia nelle prime fasi del ministerio. Allo stesso tempo, ci fu molto di più che mi convinse che c’era un libro di cui avevo bisogno di predicare di nuovo, questa volta a Londra nel 21° secolo.

Gli anni trascorsi dal mio primo avvicinamento a questa grande lettera hanno aumentato il mio apprezzamento di quello che Paolo insegna qui, e ci sono specialmente alcuni aspetti che si sono solidificati in me e mi hanno aiutato a vedere le particolari preoccupazioni che l’Apostolo aveva come ha scritto. Preoccupazioni che sono veramente appropriate per un mondo quasi due millenni distanti dal tempo del suo scritto.
La prima di quelle preoccupazioni è la dossologia. Vi colpisce subito non appena iniziate a leggere Efesini e vi ritrovate una frase di pura adorazione nel versetto 14. Più sorprendentemente, per questo non c’è niente di artificioso. Ciascuna delle lettere di Paolo è un’esposizione del Vangelo, ma un’esposizione alla luce delle particolari circostanze della Chiesa alla quale era indirizzata. Così, come egli inizia ad esporre il Vangelo al gruppo di Chiese verso le quali questa lettera era probabilmente circolata, egli esplode con lode per quello che il Vangelo è.
Infatti inizia in un modo che dimostra che in questo messaggio c’è infinitamente di più di quello che potremmo mai sperare di comprendere. Il risultato di ciò non è per lasciarci annaspare in quello che sfugge alla nostra comprensione; ma farci realizzare quanto grande è la nostra salvezza e quanto benevolo è Dio, nostro Salvatore. Siamo lasciati con una visione di Dio e della sua grazia che è infinitamente più alta di quella che avevamo prima di iniziare a leggere.
Quella comprensione di dossologia ha bisogno disperatamente di essere recuperata in molte chiese di oggi. La grande ironia naturalmente è che molte chiese sono ossessionate con la dossologia (lode e adorazione) e ancora in un modo o nell’altro la cosa reale sembra sfuggire a loro.
Sono sempre di più focalizzati su nuovi canti e approcci innovativi; ma mentre questi possono eccitare le emozioni, in un modo o nell’altro falliscono di elevare il nostro spirito verso il cielo. La risposta di Paolo a quello è il Vangelo.
E’ solo veramente quando afferriamo (come lui dice più tardi in Efesini) quanto largo, lungo, alto e profondo è l’amore di Dio per noi in Cristo che i nostri cuori sono genuinamente infiammati nell’adorazione.
Un altro tema centrale che emerge in questa lettera è l’impatto del Vangelo sulla comunità. Il bisogno per Paolo di colpire questo tasto diventa evidente nel secondo capitolo dove affronta l’unico problema che più di tutto getta la sua ombra sulla chiesa del Nuovo Testamento: quello che lui chiama “il muro ostile di separazione”.
Era una specie di apartheid spirituale che faceva assumere a molti convertiti Giudei un’aria di superiorità sui convertiti Gentili. L’impatto di ciò portava a dividere la Chiesa. La risposta di Paolo è di esporre il Vangelo in un modo che dimostra la differenza che fa alla chiesa come comunità.
Così in tutto il percorso di questa lettera, il focus di Paolo non è interamente sul Vangelo e quello che fa per noi come individui; ma come ci porta nella Chiesa e ci forma come la famiglia di Dio. La sua verità basilare è dimostrare che la nostra unione individuale e comunione con Cristo per definizione significa unione e comunione con tutte le persone acquistate attraverso il sangue di Gesù Cristo – indipendentemente dal loro contesto etnico e spirituale.
La forza della linea di questo ragionamento risalta più potentemente nel capitolo 3 in quello che dice riguardo al proposito di Dio nella Redenzione.
Il suo intento era che oggi, attraverso la Chiesa, i principati e le potenze nei luoghi celesti, conoscano la infinitamente varia sapienza di Dio secondo il disegno eterno che Egli ha attuato mediante il nostro Signore Cristo Gesù. (Efesini 3:10-11).
In altre parole, la Chiesa è il palcoscenico cosmico per la rappresentazione della Redenzione! L’importanza di ciò per il gruppo di Chiese intorno a Efeso nei giorni di Paolo non poteva essere stata più grande, divisi come erano da uno spirito di parte. Paolo ricorda a loro che la Croce ha abbattuto quella divisione.
La sua importanza per i Cristiani di oggi non può essere taciuta. Il fulcro del Vangelo per la vasta maggioranza dei credenti è quasi esclusivamente individualistico. A tal punto che la Chiesa è diventata la Cenerentola della teologia e della pratica. Paolo sviluppa questo tema in tutta la lettera – usando il linguaggio corporativo in tutto quello che dice – per portarci dalla dottrina nei primi tre capitoli all’applicazione pratica nel resto. La grandiosa sezione all’inizio della seconda metà (4:1-16) ci offre il più chiaro programma per la vita della Chiesa di cui Essa abbia mai avuto e dovrebbe essere il corso per ogni classe di “Nuovi Membri”.
La sua trattazione di come tutto ciò si sviluppa in pratica nel matrimonio, nella famiglia e nel posto di lavoro pone le basi a queste verità nelle cose essenziali della vita quotidiana. Va da sé che questi argomenti hanno avuto un durevole significato nella maggior parte di quelle sfere della vita Cristiana e del servizio e hanno molto da dire a ogni congregazione.
Nella maggiore sezione finale della lettera, Paolo tratta l’argomento della Guerra spirituale in un modo comune ma ancora sottovalutato nella nostra generazione. Egli ci lascia senza alcun dubbio che il nostro nemico invisibile non è carne e sangue e che in noi stessi non possiamo resistergli. Ci porta indietro a quello che siamo e a quello che abbiamo in Cristo e ci ricorda che è solo in Cristo che possiamo resistere. Non soltanto per la nostra giustificazione, ma santificazione e costanza fino alla fine nella vita di fede.

Perché predico su Efesini? Perché è una delle più belle e raffinate esposizioni mozzafiato del Vangelo che dimostra come sia la chiave di Dio non solamente per sanare vite spezzate ma per sanare un’umanità spezzata. È un messaggio di cui oggi ha molto bisogno il nostro mondo frammentato.

Mark Johnston è il pastore della Bethel Presbyterian Church di Cardiff, in Galles. Mark scrive anche per l’Alliance of Confessing Evangelicals sul sito PlaceforTruth, è autore di diversi libri e fa parte del consiglio della Banner of Truth Trust.


Testo pubblicato originariamente sul sito di reformation21. Tradotto e riprodotto qui con l’autorizzazione da parte dell’editore Alliance of Confessing Evangelical. Il suo utilizzo totale o parziale è proibito in ogni forma previa richiesta e autorizzazione di SoliDeoGloria. Il contenuto del presente articolo non è alterabile o vendibile in alcun forma.
© solideogloria