di Joseph A. Pipa, Jr.
Molte cose nella vita ci riempiono di stupore; il nostro mondo è pieno di misteri profondi, ma il più grande di tutti i misteri è quello dell’incarnazione.
Una delle affermazioni più profonde su questo mistero lo leggiamo in 1 Timoteo 3:16: “Senza dubbio, grande è il mistero della pietà: Colui che è stato manifestato in carne, è stato giustificato nello Spirito, è apparso agli angeli, è stato predicato fra le nazioni, è stato creduto nel mondo, è stato elevato in gloria”(1).
Questo versetto conclude una sezione in cui Paolo ha discusso a proposito della Chiesa e dei suoi responsabili. Poiché la Chiesa è la colonna e il sostegno della verità, il nucleo della sua vita e del suo messaggio è il Signore Gesù Cristo. Paolo ha cominciato con una dichiarazione: “Senza dubbio, grande è il mistero della pietà”; con l’indicazione “senza dubbio” egli ha affermato che questo mistero deve essere il forte fondamento della testimonianza della Chiesa. Con queste parole egli ha indicato che ciò era ed è senza controversie, qualcosa che è incontrovertibilmente e provatamente vero. Non si stava riferendo alla confessione della Chiesa, ma a quello che è il cuore e nucleo centrale nel credo, al di là di ogni dibattito. In altre parole, se uno è un Cristiano, deve essere dedicato alle verità indicate in quest’affermazione.
Paolo ha definito questa innegabile verità come “il mistero della pietà”. In Romani 16:25,26 ha spiegato che cosa intendeva per mistero: “Gloria a Dio, che può rendervi forti ed equilibrati nella fede, proprio come dice il Vangelo che avete ricevuto da me: la Parola di Gesù Cristo. Questo è il piano di Dio per la salvezza di voi che non siete ebrei, piano tenuto segreto per secoli e secoli. Ma ora questo messaggio è stato predicato ovunque, come i profeti predissero e Dio comanda, affinché uomini e donne di tutto il mondo possano ubbidire e giungere alla fede”.
Un mistero divino non è un fenomeno esoterico, quanto, piuttosto, una verità stabilita dall’eternità e profetizzata nell’Antico Testamento, ma scopribile interamente soltanto per mezzo di una rivelazione apostolica. Questo mistero specifico che è stato velatamente scoperto nell’Antico Testamento è l’umiliazione ed esaltazione dell’Iddio incarnato con la susseguente incorporazione dei Gentili nella Chiesa. Certamente, la mente trema dinanzi a questo mistero dell’incarnazione e della sua applicazione, ci porta al di là dei limiti delle capacità e comprensioni umane. Il Vangelo è un mistero, ma è anche un mistero chiaramente rivelato nel Nuovo Testamento.
Notiamo anche qual è l’obiettivo di questo messaggio. Paolo ha scritto precedentemente: “Lo scopo di questo incarico è l’amore che viene da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera” (1 Timoteo 1:5). Egli ha, dunque, definito questa verità come “mistero della pietà”. Non si tratta di un mistero per solleticare il cervello dell’intelligente o del ricercatore di segreti; non si tratta di un mistero per portare a discussioni astratte, sebbene la nostra mente sia messa sotto pressione dalle verità delle Scritture e noi possiamo gioire al pensiero delle meravigliose dottrine della Parola di Dio. Questa verità, come tutte le verità che riguardano Dio, vuole portare alla bontà ed alla pietà. Troviamo qui l’essenza di ciò che viene indicato come “Calvinismo sperimentale”. Tutte le verità della Bibbia devono essere abbracciate in modo tale che producano bontà e pietà insieme all’adorazione. Di conseguenza, anche la sola contemplazione di questo mistero dovrebbe essere trasformante.
Paolo ha svelato il mistero nella seconda metà del versetto: “Colui che è stato manifestato in carne, è stato giustificato nello Spirito, è apparso agli angeli, è stato predicato fra le nazioni, è stato creduto nel mondo, è stato elevato in gloria”. La forma di quest’affermazione è interessante in sé, poiché sembra essere un’affermazione liturgica, una confessione o un inno. Forse si tratta del più intricato pezzo poetico del Nuovo Testamento; possiamo vedere l’attento progetto artistico di questo versetto nella sua costruzione grammaticale: tre abbinamenti a coppie in sei linee, in cui ogni linea ha la stessa costruzione grammaticale.
Il primo accoppiamento ha a che fare con l’opera di Cristo realizzata; il secondo con il fatto che è stata resa nota; il terzo con il fatto che è stata riconosciuta.
Inoltre, ciascun accoppiamento di versi afferma un contrasto fra la terra ed il cielo:
“manifestato in carne” (terreno) ——— “giustificato nello Spirito” (celeste)
“apparso agli angeli” (celeste) ——— “predicato fra le nazioni” (terreno)
“creduto nel mondo” (terreno) ——— “elevato in gloria” (celeste)
Infine, l’affermazione comincia con l’umiliazione di Cristo e termina con la sua esaltazione. Nel suo insieme, questa struttura stilizzata rappresenta anche un’affermazione memorabile a proposito dell’incarnazione.
Qual è la grande proclamazione e confessione della Chiesa?
Come abbiamo notato in precedenza, il primo accoppiamento ha a che fare con l’umiliazione e l’esaltazione del Salvatore incarnato: colui che è stato manifestato nella carne è stato giustificato nello Spirito. “Colui che” si riferisce a Cristo; egli è Dio che è venuto in carne. Molti di noi hanno sentito questa verità per tanto tempo ed ora tendiamo a passarci su velocemente, nondimeno, si tratta di un vero mistero profondo. L’indicazione “manifestato” (rivelato) fa capire una certa pre-esistenza di Gesù Cristo. Paolo ha ulteriormente indicato la sua pre-esistenza in Galati 4:4: “Ma quando giunse la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare quelli che erano sotto la legge”. Con queste semplici parole Paolo ha dichiarato la Deità del nostro Salvatore. Poiché la frase “Dio mandò suo Figlio” implica la divinità ed eternità del Figlio. Quando annunciamo la nascita di un bambino, in genere non diciamo: “Ci fa piacere annunciare che Dio ha mandato Tizio o Caia nel mondo”. Paolo ha usato un linguaggio che richiede che noi comprendiamo il fatto che colui che nasceva da una donna era, però, già in esistenza. Il Figlio era con il Padre ed il Padre lo mandò nel mondo; il Figlio non è qualcuno la cui esistenza ha avuto inizio alla nascita; Dio mandò suo Figlio sulla terra (cf. Giovanni 3:16). Egli è venuto sulla terra nascendo da una donna. In questo caso Paolo ha sviluppato il tema glorioso del concepimento verginale, rivelato in Luca 1:26-38. Queste due semplici indicazioni: “mandato” e “nato da una donna”, riassumono il mistero dell’incarnazione. L’eterno Figlio di Dio è stato mandato nel mondo tramite il procedimento di prendere la natura umana nel grembo della vergine Maria. Come risultato, egli è esistito come una persona con due nature distinte.
Lutero ha catturato questo mistero nel suo inno dell’avvento:
“Ogni lode a te, Signore eterno”:
Prima i cieli si inchinavano dinanzi a te;
ora le braccia di una vergine ti avvolgono:
gli angeli gioivano in te
ora ascoltano la tua voce di bimbo.
Affermiamo questa verità con la definizione di “incarnazione”. Come ha scritto l’apostolo Giovanni in Giovanni 1:14: “E la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre”.
Il Catechismo Più Breve di Westminster riassume l’evento nel seguente modo: “Come ha fatto Cristo, essendo il Figlio di Dio, a diventare uomo? Cristo, il Figlio di Dio, è diventato uomo prendendo per sé un vero corpo umano, un’anima razionale, ed è stato concepito e formato tramite la potenza dello Spirito Santo nel grembo della vergine Maria, nascendo in lei, pur senza peccato” (S.C. 22).
Implicita in questa rivelazione, nella carne indica la sua umiliazione. Dio si è enormemente abbassato per assumere una natura umana, fatta di carne. Paolo ha affermato la stessa cosa nella semplice affermazione in Galati 4:4: “Egli è nato sotto la legge”. Sebbene Gesù sia l’erede di tutte le cose, egli si è sottoposto ed è nato sotto il Patto Mosaico con tutte le sue obbligazioni; si è umiliato e sottomesso a tutti i regolamenti dell’amministrazione di Mosè, ha rispettato ed adempiuto tutte le profezie e tipologie indicate. Egli è il perfetto profeta, sacerdote e re, ha offerto la sua vita come sacrificio perfetto. Ancora una volta, il Catechismo più Breve descrive le caratteristiche della sua umiliazione: “In che cosa consiste l’umiliazione di Cristo? L’umiliazione di Cristo è stata nel fatto che egli è nato in un corpo fisico, in una condizione bassa, accettando le miserie umane di questa vita terrena, sottoponendosi all’ira di Dio ed alla maledizione della morte sulla croce, accettando di essere seppellito e di essere soggetto alla morte per un periodo di tempo” (S.C. 27).
Sottomettendosi alla legge come Patto delle Opere, Cristo si è sottoposto all’impegno di ubbidire perfettamente alla legge di Dio e di portare su di sé la maledizione di qualunque infrazione contro di essa. In particolare, egli ha osservato e ubbidito perfettamente ai comandamenti morali (sua ubbidienza attiva) ed ha soddisfatto la maledizione del giudizio di Dio (sua ubbidienza passiva). Nella sua capacità, come uno nato sotto la legge, Gesù ha redento il suo popolo. Galati 4:5 contiene due proposizioni finali: “per riscattare quelli che erano sotto la legge, affinché noi ricevessimo l’adozione”.
La prima proposizione finale descrive l’opera di Cristo: egli è venuto per riscattare. Non dovremmo mai separare la verità dell’incarnazione da quella della redenzione. Vi sono due aspetti principali coinvolti nella nostra redenzione: la rimozione della maledizione ed il rinnovamento dell’eredità. Paolo ha spiegato il primo aspetto dell’opera della redenzione di Cristo in Galati 3:13: “Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, essendo divenuto maledizione per noi (poiché sta scritto: ‘Maledetto chiunque è appeso al legno’)”.
Il nostro Salvatore ha soddisfatto completamente l’ira e la maledizione di Dio contro il peccato ed i peccatori, per poter liberarci dalla punizione eterna contro il peccato. Sulla base della sua opera, Dio può giustificare il suo popolo.
Il Catechismo più Breve 33 definisce bene la giustificazione nel dire:
“La giustificazione è un atto della libera grazia di Dio, tramite il quale egli perdona tutti i nostri peccati e ci accetta come giusti dinanzi ai suoi occhi, grazie soltanto alla giustizia di Cristo che viene imputata a noi e ricevuta per sola fede”.
Apprendiamo che Dio fa due cose per noi con la nostra giustificazione: perdona i nostri peccati e ci rende legalmente giusti.
In Galati 4:5, l’apostolo ha fatto riferimento al secondo aspetto dell’opera di redenzione di Cristo, cioè al ristabilimento o al recupero dell’eredità perduta. Questo secondo aspetto è indicato più dettagliatamente in Levitico 25:25: “Se uno dei vostri diventa povero e vende una parte della sua proprietà, colui che ha il diritto di riscatto, il suo parente più prossimo, verrà e riscatterà ciò che suo fratello ha venduto”. Dio ha illustrato meravigliosamente questa transazione nella storia di Ruth e Boaz. Naomi aveva perso la sua eredità a causa della negligenza di suo marito Abimelec. In questo caso, il redentore Boaz ha pagato il debito (redenzione) ed ha ristabilito o recuperato la sua eredità.
Nella caduta di Adamo abbiamo tutti perso la nostra eredità; egli ha avuto l’opportunità di essere il figlio adottato di Dio e con la sua ribellione egli ha deciso di diventare un figlio di Satana, un membro del regno di tenebre e, di conseguenza, nessuno di noi per nascita è erede di Dio, ma siamo tutti figli di Satana. Per far sì che la nostra eredità sia recuperata dovremmo offrire il suo pagamento completo. Tale pagamento è stato offerto dall’ubbidienza attiva e passiva di Cristo; egli ha ubbidito alla legge in modo perfetto e ci ha liberati dalla maledizione, ha pagato in pieno il nostro debito. Sulla base della sua opera di redenzione noi possiamo ottenere l’eredità.
Paolo ha sviluppato ulteriormente la presentazione di questa verità con la sua seconda preposizione finale: “affinché noi ricevessimo l’adozione di figli”. Con il termine “adozione” Paolo sta descrivendo il rapporto unico e speciale che Dio vuole avere con quelli che sono giustificati in Cristo. Il Catechismo più Breve 34 definisce l’adozione come “un atto della gratuita grazia di Dio, tramite il quale noi siamo ricevuti a far parte del numero dei figli di Dio, ed abbiamo diritto a tutti i privilegi come tali”.
Questi privilegi sono la nostra eredità. Se, comunque, Cristo fosse rimasto morto, i suoi nemici avrebbero avuto ragione nelle loro affermazioni, ma la seconda parte della doppia indicazione dice che egli è stato vendicato nello Spirito, ed il termine “vendicato” è la parola che viene tradotta normalmente “giustificato”. La “vendicazione” di Cristo è stata la dichiarazione di Dio che ha accettato il sacrificio offerto. Cristo è stato giustificato, dichiarato di essere il Santo Figlio di Dio. Nella sua vendicazione o giustificazione, Cristo è la giustificazione per noi, come leggiamo in Romani 4:25: “Il quale è stato dato a causa delle nostre offese ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione”. Col termine Spirito Paolo si sta riferendo allo Spirito Santo, facendo un parallelo con quello che aveva scritto in Romani 1:4: “Dichiarato Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santità mediante la risurrezione dai morti; cioè Gesù Cristo, nostro Signore”. La risurrezione è avvenuta per la potenza dello Spirito Santo. Nel primo parallelo, dunque, Paolo ha insegnato che il Salvatore incarnato ha realizzato la redenzione in modo perfetto. Da notare che egli ha dovuto essere un uomo per poter redimere gli esseri umani caduti e peccaminosi (Ebrei 2:14,15); e doveva essere Dio per poter dare un’efficacia infinita ed eterna alla sua opera (Atti 20:28).
Il secondo accoppiamento ha a che fare con l’opera di Cristo resa nota: “Ammirata dagli angeli, proclamata fra le nazioni”. Questo distico comincia in cielo; la risurrezione di Cristo è stata testimoniata dagli angeli, ma certamente per tutta la sua vita, le sue azioni sono state tutte testimoniate ed attestate dagli angeli; essi hanno fatto la pre-annunciazione della sua nascita a Maria e Zaccaria (Luca 1:18-21,26-38) ed il giorno della sua nascita essi l’hanno annunciata ai pastori (Luca 2:8-14). Essi lo hanno servito nel deserto (Matteo 4:11) e sono stati testimoni silenziosi e stupefatti alla sua morte (Matteo 26:53). Ma gli angeli sono stati testimoni anche alla sua esaltazione, i primi a poter constatare la sua risurrezione (Matteo 28:2-7); hanno visto la sua entrata trionfante nella Corte del Cielo, il giorno della sua ascensione (Salmo 68:17,18; Efesini 4:8-10); ed ora essi sono costantemente riuniti dinanzi al suo trono e sono intenti ad adorarlo (Apocalisse 5:11-14).
Insieme alla sua proclamazione celestiale, troviamo anche quella terrena: “proclamata fra le nazioni”. Il nostro glorioso Cristo deve essere proclamato e predicato fino all’estremità della terra, e notiamo qui il rapporto di quest’affermazione con lo scopo della Chiesa nel versetto 15. La Chiesa ha ricevuto questo glorioso mistero in modo da poter e dover proclamare l’eccellenza di Cristo. Per Paolo parte di questo mistero era l’inclusione dei Gentili nella Chiesa. La seconda metà del secondo parallelo è il mandato della Chiesa; noi predichiamo il Cristo glorioso fino alle estremità della terra fino al suo ritorno. Per questo motivo, dunque, l’incarnazione comprende la missione del mandato della Chiesa (Matteo 28:18-20).
Il terzo accoppiamento ha a che fare con il riconoscimento dell’opera di Cristo: “Creduto nel mondo e portato in gloria”. Il nostro compito non è insicuro, egli è creduto nel mondo. Nella sua prima decade, la Chiesa poteva confessare che Cristo era già creduto nel mondo (Colossesi 1:6,23). Questa sicurezza è fondata sulla parte celestiale “portato in gloria”, infatti Cristo è esaltato in cielo, alla destra di Dio Padre (Salmo 110:1: Efesini 1:20; Colossesi 3:1) ed ogni autorità gli è stata data (Salmo 2:8,9; Matteo 28:18), perciò la Chiesa può proclamare con sicurezza il Vangelo alle nazioni, sapendo che sulla base dell’opera dell’incarnato Salvatore, Dio salverà tutto il suo popolo eletto. Poiché Cristo è in cielo, inoltre, egli è il garante della nostra gloria. Come egli è stato innalzato, portato in cielo e ricevuto in gloria, anche noi saremo con lui ed un giorno guarderemo e conteremo su di lui, e saremo come lui (1 Giovanni 3:2). Questo è senza dubbio il mistero della divinità! Alla fine dei tempi, il glorioso Salvatore incarnato ci renderà perfetti in gloria. Quando contempliamo la gloria dell’incarnazione di Cristo, possiamo esclamare con Giovanni: “A lui che ci ama e ci ha liberato dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno e dei sacerdoti al suo Dio e Padre, a lui sia la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen” (Apocalisse 1:5,6)!
Note:
1 Tutte le citazioni delle Scritture sono prese dal testo della Nuova Riveduta (2006).
Joseph A. Pipa, Jr. è Presidente e Professore del seminario teologico “Historical and Systematic Theology at Greenville Presbyterian Theological Seminary” a Greenville, nella Carolina del sud. È stato pastore di chiese nel Mississippi, in Texas, ed in California. È autore di numerosi libri.
Testo pubblicato originariamente sul sito di reformation21. Tradotto e riprodotto qui con l’autorizzazione da parte dell’editore Alliance of Confessing Evangelical. Il suo utilizzo totale o parziale è proibito in ogni forma previa richiesta e autorizzazione di SoliDeoGloria. Il contenuto del presente articolo non è alterabile o vendibile in alcun forma.
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